Non c’è una sola spiegazione per l’impennata dell’export manifatturiero di Lucca, Pistoia e Prato, che nel 1° semestre 2022 segna +29,2% rispetto allo stesso periodo del 2021. Un valore, questo, nettamente superiore al +22,2% del dato nazionale e soprattutto al +10,1% del dato toscano. Accanto a un indubbio incremento degli scambi che ha coinvolto nel periodo l’intero commercio mondiale, si registrano per molti settori incrementi dei prezzi che concorrono a formare le elevate percentuali di aumento dell’export segnalate dai dati Istat: dati che, come sempre, a livello provinciale riguardano i soli valori delle merci e non i volumi.
“Non bisogna però farsi ingannare – commenta il presidente di Confindustria Toscana Nord Daniele Matteini -. Se le aziende riescono in molti casi a far recepire aumenti dei prezzi delle proprie merci, ben difficilmente la loro entità è tale da compensare l’enorme incremento dei costi che hanno subito sia sul versante materie prime sia, soprattutto, a causa della bolletta energetica. I dati Terna 2019 sui consumi di energia elettrica attestano che l’industria di Lucca, Pistoia e Prato rappresenta il 38% del totale regionale; saliamo addirittura al 95% nel settore cartario (Lucca-Pistoia) e al 98% nel tessile (distretto di Prato). E’ evidente che le aziende del nostro territorio sono particolarmente esposte alle turbolenze del mercato di gas ed energia elettrica: ci troviamo in una situazione anomala e pericolosissima. Questa situazione sta stravolgendo i conti delle imprese, perché gli aggravi non vengono certo recepiti totalmente dai mercati. In parte sì, come segnala anche la crescita dell’inflazione, ma siamo molto lontani da un sufficiente assorbimento dell’incremento dei costi”.
“Pertanto questi dati apparentemente ottimi dell’export vanno guardati con occhi critici – sottolinea Matteini – , leggendo in quelle cifre anche il dramma che vi si cela. I nostri richiami alla politica per una presa in carico della priorità-energia non vengono meno e anzi si rafforzano in questo momento pre-elettorale, in cui a tutti i candidati che hanno chiesto di incontrarci abbiamo rappresentato la durezza della situazione e la necessità di strategie efficaci sia per l’immediato che a lungo termine. Nel caso specifico del manifatturiero di Pistoia, il 1° semestre 2022 segna +25,3% rispetto allo stesso periodo del 2021: un dato che nasce da prestazioni fortemente diversificate dei vari settori, da +72,6% della chimica, +48% della gomma-plastica, +42,2% dei prodotti in metallo, +41,1% della carta e +35,9% del tessile-abbigliamento (con la maglieria che tocca addirittura +164%), fino a valori più misurati ma comunque notevoli degli apparecchi elettrici (+22,6%), dell’alimentare (+22,2%) e del mobile (+12,1%). Negativi solo i macchinari e apparecchi e i mezzi di trasporto, ma come sempre il dato su quest’ultimo settore, che ha tempistiche di lavorazione molto lunghe e quindi una spiccata oscillazione nel tempo delle vendite, ha un suo senso effettivo solo su periodi lunghi”.
“Lucca è molto vicina alla media generale del nostro territorio, con +27,2% di incremento dell’export del 1° semestre 2022 sul corrispondente periodo del 2021 – aggiunge il vicepresidente di Confindustria Toscana Nord Tiziano Pieretti -. I valori più rilevanti riguardano la carta, che da sola vale un quarto dell’export lucchese e che segna +68,8%, i metalli e relativi prodotti con +31,9%, la moda con +30% e, al suo interno, +40,6% del calzaturiero. Tutti positivi e con buone prestazioni anche gli altri settori: al di sopra o vicini al 20% la chimica (+29,6%), la farmaceutica (+27,3%), gli apparecchi elettrici (+22,5%), i macchinari e apparecchi (+19,4%) e l’alimentare (+19,4%). Positivi anche computer e apparecchi elettronici (+17,3%), gomma-plastica (+7%), nautica (+4%) e anche il lapideo (+2,6%), settore che ha fortemente risentito del periodo pandemico”.
Anche Pieretti condivide l’allarme: “In questo quadro in apparenza straordinariamente positivo si colloca comunque l’effetto incremento dei prezzi conseguente l’impennata dei costi di produzione, soprattutto energetici, a carico delle aziende: un incremento che comunque non basta a compensare gli aggravi che stanno colpendo le imprese. Il problema va aggredito da più parti, in alcuni casi anche con provvedimenti legislativi di per sé semplici: l’estensione anche all’industria della possibilità di costituire comunità energetiche, ad esempio, consentirebbe alle aziende di scambiarsi energia elettrica senza oneri di vettoriamento. Già questo sarebbe un segnale di attenzione significativo, anche se non sufficiente, da parte delle istituzioni che si rinnoveranno fra pochi giorni”.