Giorni che sembrano anni. E quali sono i giorni che sembrano anni? Quelli trascorsi per due anni in un lager nazista. E “Giorni che sembrano anni” è il libro che Leone Sbrana ha scritto sulla sua forzata esperienza dove il tempo non passava mai. Un libro che nel 1960 vinse l’allora “Premio Prato” e che tutt’ora – praticamente introvabile – costituisce la sua opera più importante, anche se ne sono seguite molte altre di cui ci piace dare la precedenza a “Il premio”, con un preciso riferimento al “Viareggio” di cui è stato segretario per diversi anni. Qui, infatti, ne rivela tutti i retroscena fino al momento in cui abbandonò l’incarico per insanabili contrapposizioni con il co-fondatore Leonida Repaci.
Nato il 28 gennaio 1912 a Viareggio, dove morì il 5 giugno 1975, nel centenario della nascita nessuno si è ricordato di lui, compreso il “Premio Viareggio-Repaci”, come se nemmeno avesse preso parte alla sua nascita e all’indubbio successo dei primi anni dopo la fondazione. Ed è un silenzio che tuttora perdura su tutta la linea, salvo una scuola per l’infanzia che porta il suo nome. Come uno dei tanti che in qualche modo sono reputati degni di una intitolazione di cui non si può fare a meno.
Ora, a prescindere da “La bandiera” in cui Leone Sbrana testimonia la sua militanza politica mai venuta meno fino alla sua scomparsa – dovuta, come eredità, alla sua presenza coatta in un lager della pianura polacca – è da segnalare un volume scritto per ragazzi e illustrato dalla facile mano di Antonio Possenti. Si tratta di “Pesci come noi” in cui, attraverso una simpatica simbiosi, l’autore scrive un dialogo fra pesci, appunto, in cui si scambiano idee come se fossero uomini. C’è infine l’omaggio alla sua città natale in “Viareggio, momenti di storia e cronaca” edito in occasione del 150° anniversario dell’elevazione di Viareggio a rango di città, cioè nel 1972.
Per quanto ci riguarda personalmente è opportuno, oltre che indispensabile sottolineare l’appoggio incondizionato avuto nei nostri confronti quando sull’ormai scomparsa rivista “La Provincia di Lucca” – diretta per tutta la poliennale durata dal segretario Italo Pizzi – venne pubblicato un giovanile intervento su “La resistenza oggi”. E questo in relazione al fatto che da più parti già si cominciava a discutere sul fatto che l’argomento poteva ormai considerarsi sorpassato. Tanto più che questo nostro scritto si rivolgeva soprattutto ai giovani che avevano intrapreso la via del “carpe diem”.
Ma al di là di tutto questo ci piace oggi ricordare di Leone Sbrana la sua innata fortezza d’animo, la sua voglia di vivere malgrado le conseguenze della prigionia, la strenua difesa dei principi in cui credeva, il suo quotidiano impegnarsi nel difendere le ragioni dei più deboli. Cioè il suo essere uomo: un viareggino autentico che sapeva guardare al di là dei confini della sua città, ancorché salmastroso nelle ossa perché nato in un’antica famiglia di marmisti e marinai.
Mario Pellegrini