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venerdì, Novembre 22, 2024

Venti anni ma non li dimostra. De Angelis racconta il premio letterario fondato da Demetrio Brandi

Il premio letterario Racconti nella Rete compie vent’anni. A tracciarne la storia e ad illustrare i lavori che partecipano alla nuova edizione della rassegna ideata e organizzata da Demetrio Brandi, è Marco De Angelis, giornalista e disegnatore umoristico, in un articolo pubblicato sul nuovo numero di “Leasing Magazine”, il mensile di economia, finanza e cultura diretto da Gianfranco Antognoli. Nell’articolo, intitolato “Vent’anni di Racconti nella Rete” che riceviamo e pubblichiamo in anteprima, l’autore spiega anche come i lavori in concorso siano stati sì influenzati dalla pandemia, ma che il filo conduttore sia spesso l’ironia.

Un appuntamento che si ripete gioiosamente ogni anno, da vent’anni, e che per tanti autori è stato, e continua a essere, una preziosa opportunità per affacciarsi al mondo dell’editoria: così si potrebbe definire nella sua essenza, con facile sintesi, Racconti nella Rete. Ma il concorso letterario, in realtà, non è solo un circoscritto palcoscenico, limitato alle pur bellissime giornate della premiazione: esso è soprattutto il motore di una serie di presentazioni degli autori e della loro produzione, con periodici incontri e interviste in varie città, in biblioteche o nel corso di fiere dell’editoria, come una grande famiglia allargata. Un’articolata strategia culturale, quella ideata da Demetrio Brandi (artefice sia di Racconti nella Rete che del festival LuccAutori, con le sue presentazioni, dibattiti e mostre), che ha prodotto molti frutti, tanto che non pochi autori sono riusciti a realizzare dei libri con importanti editori.

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Ciò rende il lavoro dei membri della giuria ancora più gratificante, visto che l’impegnativo lavoro di selezione porta comunque, con il tempo, a molti bei risultati. Quella di far apprezzare il racconto breve è invero una impresa assai ardua, perché nel mondo dell’editoria esso non ha mai goduto di vita facile ed è stato perlopiù trascurato dalla teoria e dalla critica; questo nonostante l’uso della forma breve sia antichissimo, coincidendo con le origini stesse della narrazione orale, fatta di rielaborazioni e mutazioni della stessa storia. Per non parlare della sua grande tradizione, che va dai racconti mitologici e dai trovatori medievali, passando per i racconti rinascimentali o la novellistica araba tipica de “Le mille e una notte”, fino ad arrivare, attraverso i secoli, ai grandi autori a noi più vicini, come Twain, Poe, Gogol, Maupassant, Pirandello, solo per citarne alcuni (e non me ne vogliano gli altri). D’altronde il concetto di brevità si presta esso stesso a una doppia valutazione, potendo sia indicare qualcosa di superficiale e poco approfondito, sia corrispondere alla capacità di narrare una storia con abile sintesi e con efficacia.

Non è infatti facile scrivere un racconto breve, in cui pochi elementi ben dosati devono riuscire a stimolare l’immaginazione del lettore e chiudere l’arco completo della storia; diversamente, nel romanzo si viene portati per mano dallo scrittore nel corso della narrazione, con il progressivo approfondimento di personaggi e ambientazioni. Analizzando i racconti di questa 20° edizione non passa inosservato quanto l’emergenza sanitaria causata dal Coronavirus e il lockdown abbiano influenzato la creatività di tanti autori: era inevitabile, ma l’argomento era troppo particolare per poterlo trascurare. Alcuni scrittori sono stati ispirati da esperienze e sensazioni personali, altri si sono cimentati in storie dal sapore fantascientifico, che ci fanno ricordare i racconti delle memorabili antologie di Fruttero e Lucentini, con spaccati di mondi apocalittici o distopici, tra inquietanti prove di sopravvivenza e presenze aliene. Questa è sicuramente una curiosa novità tra i brani di solito in concorso che, più di altre volte, si sono rivelati indicativi di quanto il periodo storico possa caratterizzare la produzione della narrativa.

Ma, come sempre, tutti i generi rappresentati dai racconti partecipanti hanno un loro valore, che siano drammatici o intimisti, romantici o autentici thriller, fino ai racconti per bambini. Essi creano, ogni volta, un panorama letterario completo e unico, variegato eppure armonico, dove sono trattati temi scottanti presi di peso dalle ombre della nostra società, o dove si possono cogliere piccole storie in cui scopriamo fugaci, ma intensi, ritratti di sentimenti. Il volume in cui sono riuniti i migliori racconti è, infatti, un piccolo scrigno delle meraviglie, che si apre ogni anno, sempre rinnovato.

Tra tanti generi risalta come quello umoristico si sia evidenziato per il suo grande ritorno, con molti brani in competizione: alcuni puntando sulla comicità, altri sul surreale. Sì, perché in Italia esso era caduto da tempo in disuso, tradendo la grande tradizione del ‘900, tracciata da nomi come Metz, Campanile, Guareschi, Marchesi, Manzoni e tanti altri. Il rilancio di questo genere è dovuto alla cooperazione di Racconti nella Rete con la rivista online Buduàr, che da cinque anni, nell’ambito di questo concorso, mette in palio un premio per il miglior racconto umoristico, scelto dal “Comitato Centrale” del giornale, di cui faccio parte. Lo stile umoristico è frutto di abilità, modulato da ritmi narrativi particolari e da tempi comici costruiti ad arte, fino ad arrivare al finale, imprevisto o spiazzante (e dove cadono tristemente molti autori): sono pochi gli scrittori che si muovono con disinvoltura in questo genere. Alcuni degli autori selezionati hanno infatti scoperto, proprio in questa occasione, una loro vena umoristica di cui forse prima non erano consapevoli o che tenevano timidamente nel cassetto, essendosi cimentati in passato con brani di tutt’altro genere. Una dimostrazione di come l’anima e l’estro di uno scrittore si celino spesso tra le pieghe più nascoste della sua creatività.

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