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giovedì, Novembre 21, 2024

Eran 99 giovani e forti e son morti…

Si parla di 99 pini che sono-saranno abbattuti nella Pineta di Levante. Quanti altri sono stati già abbattuti negli ultimi cinque anni? E quanti quelli nella Pineta di Ponente? Uno sterminio! Se fossero esseri umani si sarebbe potuto associare le morti dei pini a quelle di Kramatorsk o di Mariupol o di Bucha o di Zaporizhia. Quelle degli alberi sono morti che spesso non ci indignano abbastanza e spesso non spendiamo nemmeno una parola per il loro funerale.

A Viareggio ma anche a Pietrasanta si pensa di intervenire sugli effetti – la caduta possibile, l’incidente, l’asfalto della strada pericoloso per l’azione delle radici etcc – e si rimuovono le piante senza guardare e intervenire sulle cause. Qualche incarico a un dottor Dulcamara di turno, qualche relazione di parte ma nessun serio approfondimento. Il fatto vero è che Viareggio e la Versilia sono state caratterizzate e segnate indelebilmente dalle pinete. Una poesia che tutti abbiamo imparato a memoria a scuola è “La pioggia nel Pineto” di Gabriele D’Annunzio, così come sono divenute leggenda le sue cavalcate e passeggiate tra le tamerici salmastre ed arse, i pini scagliosi ed irti, i mirti divini, le ginestre fulgenti, i ginepri folti… Nel suo diario Solus ad solam scrive: “Profumo della Versilia. Fatto di pini, d’acque incanalate, di ginepri, di cuora, di alghe, qual profondità tu davi al mio respiro! Lunghe giornate di lavoro in cui non avevo se una sola angoscia ma divina: l’angoscia della sovrabbondanza, l’ansia di scegliere fra troppe ricchezze! Ebrezza del cervello, ebrezza delle ossa e dei muscoli…”. E poi come non ricordare la sua Alcyone.

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Ma oggi non è la pioggia che cade ma sono i pini. Non sono curati, l’ambiente sottostante si è congestionato perché scoli e canali di drenaggio o non ci sono o non funzionano, perché le dune di sabbia su cui erano piantati non esistono più, perché non si fa monitoraggio e manutenzione adeguata. Eppure i pini e le pinete hanno fatto da cornice irrinunciabile ai modelli, alle mode, hanno ispirato poeti e pittori, artisti venuti qua da tutto il mondo e sono stati un insostituibile polmone verde oltre che barriera contro i venti.

Oggi a ponente la pineta non c’è più: al suo posto un giardino: bello, anche tenuto bene, ma è un’altra cosa! Quel giardino lo trovi a Milano, a Firenze, in moltissime altre città grandi e piccole. La pineta che è stata il tratto caratteristico delle zone litoranee toscane è una cosa alquanto diversa. E’ così difficile non riuscire a fare uno studio su come ricostruire e ripristinare quell’ambiente, su come intervenire per rimuovere le cause delle malattie, del precoce invecchiamento e indebolimento dei pini, di avere un piano, certamente ben studiato e architettato, di piantumazione e di ricostruzione dell’ambiente caratteristico delle pinete? Possibile che di fronte alla discesa di questo esercito di barbari qualcuno non levi un grido e chiami a raccolta e alla mobilitazione tutti i cittadini versiliesi?

Ci sono i Comitati ed alcune Associazioni che hanno preso posizione ed anche organizzato dei presidi e delle meritevoli iniziative. Tutto ciò però non basta! Bisogna alzare un grido forte e chiaro: la pineta non si tocca: si ricostruisce! Dobbiamo squarciare quella nebbia che cela le responsabilità tra Enti diversi: il Parco, i Comuni, i Consorzi idraulici e di bonifica, la Provincia, le Belle Arti, la Regione Toscana, il Ministero dei beni ambientali… Questa visibilità oscurata consente ai responsabili o ai poco accorti gestori di sfuggire, di cavarsela alla buona e, vieppiù, a continuare nel loro piano di smantellamento.  Ognuno scarica sull’altro le responsabilità e nessuno agisce, prende l’iniziativa di mettere tutti intorno ad un tavolo per decidere come fare e cosa fare!

Mi verrebbe da proporre una piantumazione di non meno di 5000 tra alberi e piante nelle nostre pinete a partire proprio dai pini e un progetto con le scuole e i quartieri che potrebbe chiamarsi Adotta il tuo albero. Il professor Stefano Mancuso, docente della facoltà di agraria dell’Università di Firenze e direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale, era già intervenuto sulle teorie bislacche che i pini non siano piante del territorio, sostenendo invece, al contrario, che sono a pieno diritto e del tutto autoctone. “I pini, aveva sostenuto lo studioso, fanno parte della nostra flora da tempo immemore, del nostro litorale al pari dei cipressi e degli olivi. Pensare di risolvere il problema del riscaldamento e dei cambiamenti climatici con la sostituzione delle piante è assurdo e i danni saranno sempre maggiori, con o senza i pini. Mancuso nei suoi tanti libri e ricerche ha dimostrato che gli alberi anno una vita, si possono spostare senza gambe e pensare senza cervello, dialogano e parlano con le altre piante e stabiliscono con loro rapporti, reagiscono alle provocazioni del clima e a quelle umane. Come gli uomini e le comunità le piante hanno bisogno di una loro Costituzione che ne riconosca a pieno titolo il diritto di essere considerati e trattati come una vera e propria Nazione.

Tutto il contrario di quello che si sta facendo. L’eccidio a Viareggio è stato decretato dall’assessore Federico Pierucci e dall’amministrazione Del Ghingaro. Pierucci, notissimo esperto di storia e di botanica, in un consiglio comunale dichiarò che “i pini che crolleranno o saranno rimossi non verranno sostituiti, se non con altre piante a cominciare dai lecci… E’ inutile che si continui a piantare essenze arboree che non sono né autoctone né adatte a un contesto densamente urbanizzato”.

Il piano è quindi in atto e prosegue l’Operazione pineta: depinificare il più possibile!

E’ dunque necessaria una grande mobilitazione, di insegnanti, di studenti, di cittadini, delle forze politiche e dei movimenti, delle associazioni sociali, culturali, dei sindacati e dei lavoratori.  E’ importante bloccare prima possibile lo scempio e il piano Z contro le pinete e possibilmente mettere nelle condizioni di non nuocere i killer versiliesi, ma è altresì assolutamente necessario, un progetto di medio periodo da definirsi in una sede istituzionale autorevole. La Regione prenda l’iniziativa, eserciti il suo peso e il suo ruolo in sostituzione di chi non fa il proprio dovere o chi volutamente lo fa male e rischia di farci perdere uno dei luoghi più caratteristici, attrattivi e vitali della nostra regione! Nell’opera Il Tabarro, Giacomo Puccini alla Frugola fa sognare “… una casetta, con un piccolo orticello. Quattro muri, stretta stretta e due pini per ombrello…” Facciamo quindi in modo che il sogno della Frugola non sia distrutto dagli Attila di oggi!

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