Ognuno di noi farà nuove esperienze, avrà soprattutto una raccolta notevolmente e progressivamente più ampia delle informazioni con cambiamenti e radicali trasformazioni (dobbiamo essere coscienti che siamo dentro a pieno titolo una ‘quarta rivoluzione industriale’).
La trasformazione dell’intelligenza artificiale rischierebbe dunque di travolgerci: siamo già entrati in una nuova era, quella dell’intelligenza artificiale evolutiva, e il problema più profondo è dunque chi la gestirà? Già oggi una parte importante della nostra vita si svolge su piattaforme di rete gestite dall’intelligenza artificiale e si pone dunque un problema fondamentale.
Quali persone o istituzioni definiscono ruoli e limiti di questa tecnologia invasiva? Quali ruoli dovrebbero svolgere le persone che sviluppano l’intelligenza artificiale? Chi gestisce le aziende che la producono e distribuiscono? Quale governo debbono esprimere queste aziende e quali istituzioni e organi di tutela e garanzia debbono poter vigilare questi prodotti e questi utilizzi? La risposta ‘politica’ e la necessità di un’etica che comprenda e guidi l’intelligenza artificiale, i suoi algoritmi e le sue applicazioni possibili… L’innovazione dovrà essere governata in modo che porti a miglioramenti effettivi e non certo ad impoverimenti della condizione umana (e questo sia che si tratti di ‘colletti bianchi’ che di ‘tute blu’. L’impatto della intelligenza artificiale sarà infatti trasversale e non distinguerà certo fra categorie di lavoratori.
Si può affermare pregiudizialmente che nell’età della intelligenza artificiale la ragione umana si troverà allo stesso tempo di fatto aumentata (con la capacità di elaborare una quantità enorme di dati prima impossibili da gestire) e insieme diminuita (con la delega effettiva di funzioni complesse): pertanto la conseguenza è che diviene fondamentale la necessità di un’etica, di una salvaguardia di valori condivisi, che comprendano prima e guidino poi, la intelligenza artificiale, le sue complesse applicazioni, gli algoritmi che determinano le conclusioni a cui si arriva senza stravolgere l’intelligenza umana.
Concludendo, l’innovazione deve essere governata in modo tale che porti ad un miglioramento della qualità della vita e della condizione umana, rispettando i principi di giustizia, democrazia sostanziale, convivenza pacifica avulsa da trame restrittive della libertà personale… in buona sostanza di di uno sviluppo veramente a misura d’uomo… Non si tratta certo di una regolamentazione facile da statuire e realizzare per la complessità e la profondità dei travolgimenti che queste nuove conoscenze apporteranno al nostro sistema di vita e di lavoro. Occorrerà fissare paletti concreti ed efficaci perché sia comunque sempre rispettata la dignità personale e i principi etici, civili, sociali e religiosi di cui una comunità è ‘portatrice sana’ per una convivenza possibile e democratica.
Gianfranco Antognoli