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giovedì, Aprile 25, 2024

La memoria come monumento che incarna i valori della Repubblica. Il monito inviato da Sant’Anna

La memoria come un monumento impresso nella coscienza collettiva del popolo, che ogni individuo custodisce e trasforma nel tempo e nello spazio. E quindi la memoria come monumento che incarna i valori della Repubblica Italiana. È con questa riflessione che oggi si è celebrata le Festa della Repubblica a Sant’Anna di Stazzema. Le cerimonia, nel Parco nazionale della Pace, si è svolta sulla piazza della chiesa con la partecipazione del sindaco di Stazzema Maurizio Verona, il vicepresidente dell’Associazione Martiri di Sant’Anna Umberto Mancini, e Luigi Ficacci, ex Soprintendente di Lucca, professore universitario alla Sapienza di Roma e storico dell’arte.

Dopo la deposizione della corona d’alloro al cippo dei caduti il 12 agosto 1944 nella strage di Sant’Anna, da parte dei superstiti Mario Marsili e Adele Pardini, il sindaco Maurizio Verona ha ricordato il dramma della guerra che l’Europa sta vivendo. Un fatto che riporta al conflitto mondiale sulle cui ceneri è nata la Repubblica, il 2 giugno 1946. “Luoghi come questo hanno insegnato poco alle giovani generazioni – ha detto con rammarico il sindaco di Stazzema – tant’è che stiamo vivendo un dramma, quello in Ucraina, che però non è l’unico conflitto aperto. L’ideologia criminale che ha mosso questa guerra non si discosta molto da quella che ha scaturito la seconda guerra mondiale. Compreso i crimini contro l’umanità, come ad esempio a Bucha che ricorda molto il borgo di Sant’Anna. Oggi bisogna non perdere le speranze e continuare a sforzarsi per trasmettere nelle giovani generazioni i valori che sono ben rappresentati dalla Costituzione italiana, come quotidianamente facciamo qui nel Parco della pace e come fanno i superstiti da decenni”.

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Il concetto di memoria in rapporto ai classici monumenti scultorei che si trovano nelle piazze e nelle città è stato espresso dal professore Luigi Ficacci. Ha spiegato che le statue – come ricordo di fatti e valori – sono “fragili e perciò vulnerabili”. Perché seppure imponenti e fatte di materia, la loro capacità di esprimere significati e di parlare è fragile rispetto al tempo. Ecco che allora assumono davvero forza e importanza gli individui come collettività. “I testimoni sanno che la memoria è nella transitorietà della loro esistenza, sono loro il monumento. Vogliono parlare, per trasmettere a te, al tuo profondo soggettivo il loro essere memoria, il loro essere monumento. Affinché tu sia lo strumento che continui ad interpretare la memoria. Affinché tu, visitatore del Parco della pace a Sant’Anna di Stazzema, sia monumento”, ha affermato Ficacci.

A seguire la presentazione del libro “Il buon tedesco” di Carlo Greppi, storico e scrittore di Torino, che ha ricostruito la storia del capitano Rudolf Jacobs, un buon soldato, rispettoso delle gerarchie, onesto, che improvvisamente nel 1944, assieme al suo attendente, decide di passare, armi in pugno, dalla parte dei partigiani. Jacobos “sceglie di combattere contro i propri camerati – si legge sul sito della casa editrice Laterza che ha pubblicato il libro – . Perché lo fa? Inseguendo la parabola di quest’uomo viene alla luce una grande storia dimenticata: furono centinaia i tedeschi e gli austriaci a percorrere lo stesso cammino. Un piccolo esercito senza patria e bandiera, una pagina unica nella storia d’Italia. Sui monti di Sarzana, proprio lungo la Linea Gotica, dove nel 1944 i combattimenti infuriavano con maggiore ferocia, il capitano della Marina tedesca Rudolf Jacobs, ottimo soldato, abbandonò le proprie fila. Non lo fece per fuggire da una guerra ormai persa, ma per unirsi ai partigiani garibaldini, fino a morire eroicamente durante l’assalto a una caserma delle Brigate nere fasciste. Apparentemente la sua sembra la storia di un’eccezione, commovente e coraggiosa, ma pur sempre un’eccezione rispetto alla nostra idea dei tedeschi zelanti combattenti della Germania nazista, fedeli fino al suo crollo. Eppure questa eccezione non fu così solitaria e isolata: parliamo di centinaia di uomini, almeno mille secondo le stime degli storici. O erano di più? Tedeschi e austriaci, ‘banditi’, ‘disertori’, ‘senza patria’, che hanno saputo dire di no agli ordini ingiusti, che hanno rigettato la legge dell’onore e del sangue per scegliere quella della libertà e della coscienza. Partendo da tracce labili, quasi svanite – un nome su una lapide, poche righe nei documenti ufficiali, qualche ricordo dei partigiani sopravvissuti –, questo libro è un’indagine appassionata e coinvolgente che ci trascina alla riscoperta di una pagina di storia che nessuno in Italia ha mai raccontato in questo modo”.

Successivamente si è svolto il concerto del gruppo della sezione Anpi della Scala di Milano in collaborazione con “Musica sulle Apuane”.

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