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lunedì, Aprile 29, 2024

“Cammini e Giubileo: una grande occasione”. Monsignor Giulietti analizza la riscoperta dei pellegrinaggi

Riceviamo e pubblichiamo in anteprima un articolo scritto dall’Arcivescovo di Lucca, Monsignor Paolo Giulietti, che sarà pubblicato sul prossimo numero del mensile “Leasing Time Magazine” diretto da Gianfranco Antognoli. Nell’articolo – intitolato “Cammini e Giubileo: una grande occasione” – il presule analizza la crescita negli ultimi anni del pellegrinaggio a piedi, sotto il profilo sia spirituale che economico.

Si avvicina a larghi passi il Giubileo romano “ordinario” del 2025, del quale sono già noti diversi elementi: il tema, Pellegrini di speranza, il programma di preparazione e il logo (www.iubilaeum2025.va). Una dimensione certamente caratterizzante sarà quella del pellegrinaggio a piedi; rispetto a venticinque anni fa, infatti, la sensibilità verso le antiche vie della fede e in genere verso il camminare è enormemente cresciuta. Agli inizi del nuovo millennio, se si eccettua il fenomeno del Camino de Santiago, che poteva già contare su un flusso annuale superiore alle 150.000 unità, tutti gli altri itinerari internazionali e nazionali erano ancora da pubblicare o si trovavano in uno stadio sostanzialmente embrionale. La Via Francigena, ad esempio, nonostante i numerosi studi, le pubblicazioni e i convegni del decennio precedente cominciava proprio in quegli anni ad essere ritracciata e percorsa, con la prima guida in italiano realizzata solo alla fine degli anni ’90 da Monica D’Atti e Franco Cinti. Difficile stimare il numero di pellegrini giunti a Roma nel 2000 attraverso la Francigena, ma non si sbaglierebbe di molto a pensare che non si siano superate le 10.000 persone.

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Cinque lustri dopo, la situazione è molto diversa. L’azione di riscoperta o di nuova definizione di cammini ha prodotto una significativa proliferazione di itinerari, religiosi e non. Le pubblicazioni – guide, saggi, diari di viaggio… – sono cresciute in modo esponenziale, senza contare quanto ha trovato spazio sul web, sotto forma di siti, blog, pagine facebook… Il numero dei pellegrini e dei “viandanti” è anch’esso molto aumentato, pur senza raggiungere i numeri stellari di Santiago, che nell’anno santo post-pandemia si stima abbia superato il mezzo milione di arrivi. Di conseguenza, il tema dei cammini ha conquistato un’attenzione inedita, trovando spazio sui media mainstream, i quali sono andati al di là della narrazione, promuovendo collane librarie e serie di programmi radiofonici o televisivi. Anche importanti personaggi dello sport, dello spettacolo, della politica e della cultura hanno percorso questa o quella via.

Sarebbe interessante analizzare nel dettaglio le ragioni di tale successo: in epoca di crescente secolarizzazione, questo fenomeno legato al sacro si è mosso in totale e sorprendente controtendenza, registrando crescente popolarità e capacità di attrarre persone assai diverse per età, condizione sociale e motivazioni. In questa sede è necessario limitarsi a constatare che non si tratta di una riedizione di modelli antichi, ma di una vera e propria reinterpretazione. Evidentemente il pellegrinaggio a piedi sta rispondendo a un bisogno spirituale dell’uomo contemporaneo; bisogno non sempre consapevole, ma che si individua sottotraccia in quasi tutte le biografie che ci è dato conoscere. Nella vasta “letteratura odeporica” odierna (diari di viaggio, editi, manoscritti o pubblicati su blog e social media) i pellegrini illustrano non solo luoghi ed episodi, ma anche il proprio percorso interiore. Da essi si intuisce come dietro la rinascita del pellegrinaggio ci sia una più o meno consapevole ricerca di cambiamento: dinanzi a un’esistenza sempre meno soddisfacente e alla fatica di dare un senso a tanti eventi lieti e tristi della vita, si cerca un’esperienza che consenta di accedere a prospettive nuove. Una frase è ricorrente: “Ho fatto il Cammino e mi ha cambiato la vita”. I lunghi giorni di marcia faticosa e di silenzio, ma anche le esperienze di incontri e di scoperte interpellanti, consentono di pensare a se stessi ”facendo il punto”, di sperimentare modi inediti – anche se spesso antichi! – di gestire cose, tempi e relazioni, di immaginare nuove possibilità per il futuro, dopo il ritorno a casa…

Dinanzi a tutto questo, il Giubileo del 2025 si presenta come una grande occasione, quasi una sfida, per le istituzioni laiche e religiose, come per le realtà di base (persone e associazioni): riscoprire e riproporre il messaggio spirituale dellevie, la loro “anima”, perché è evidentemente questo il principale fattore attrattivo, quello che consente di attivare quelle dinamiche interiori di cui l’uomo contemporaneo avverte il bisogno. Ci sono sempre stati e ci sono, infatti, molti sentieri, ma pochi autentici cammini, cioè percorsi le cui caratteristiche siano in grado di accogliere e rispondere alla ricerca di cambiamento che spinge ancora oggi a mollare tutto, per trascorrere settimane con lo zaino in spalla. In queste vie, che sono soprattutto gli antichi itinerari di pellegrinaggio, la persona umana intuisce di poter aspirare – anzi, di essere chiamata – a un’esistenza non banale, non mediocre, non schiacciata sull’orizzonte di ciò che si tocca e si conta. La consapevolezza dell’unicità, dell’originalità e della gratuita bellezza della vita si affaccia nell’intimo del pellegrino, affinché i suoi passi, al ritorno, non siano più gli stessi.

Che fare, dunque? In pochissime parole: avere il coraggio di discernere, tra i tanti cammini, le autentiche “vie dello spirito”, identificandone le peculiarità; potenziare lungo tali percorsi tutti i riferimenti culturali e valoriali coerenti con tali caratteristiche; offrire accoglienza umana e spirituale, aiutando tutti gli operatori, anche quelli commerciali, a capire chi sono e perché passano le persone che varcano le loro soglie; proporre, senza timori ispirati al politically correct, il messaggio religioso che sta all’origine e ancor oggi distingue gli itinerari della fede da tutti gli altri.

Non si tratta – si badi! – di operazione ecclesiali o pro-ecclesia: si tratta di linee di politica turistica, culturale ed economica suscettibili di generare fenomeni virtuosi a vantaggio di tutti, anche degli imprenditori presenti lungo i percorsi e delle popolazioni di quei territori, spesso a rischio di spopolamento. C’è poi la possibilità che l’esperienza dei cammini restituisca alla società persone davvero cambiate, capaci di un’esistenza più sobria, più fraterna, più orientata ai valori e meno ai consumi. Sarebbe questo, alla fine, il frutto auspicabile di un Giubileo sapientemente gestito, Noi credenti la chiamiamo “conversione”, soprattutto se ha per oggetto la relazione con Dio; laicamente si potrebbe definire “risveglio” o “liberazione”: diventare finalmente capaci di vivere per cose che ne valgano la pena, edificando una collettività decisamente migliore.

Monsignor Paolo Giulietti

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