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martedì, Aprile 30, 2024

Conoscere, amare e rispettare le Alpi Apuane. Un unicum fra “università a cielo aperto”, “scherzo della natura” e marmo

Conoscere le Alpi Apuane vuol dire anche amarle e soprattutto rispettarle. Amarle perché costituiscono un patrimonio naturale di grandissimo valore geomorfologico, botanico, storico e ambientale, nonché una catena montuosa di incomparabile bellezza. Rispettarle perché è necessario difenderle da eventuali speculazioni oltre che salvaguardarne l’integrità in tutti i suoi molteplici aspetti.

Conoscere le Alpi Apuane determina infine uno speciale rapporto che soltanto chi le frequenta – rocciatore, speleologo o semplice escursionista – può recepire le componenti diverse, una volta constatato che danno forma e consistenza ad una specialissima “università a cielo aperto”, anche se comunemente si preferisce definirle uno “scherzo della natura”. In effetti le Alpi Apuane sono l’una e l’altro perché, se è vero come è vero, non finiscono mai di stupire e di insegnare qualcosa sotto il profilo scientifico, dall’altro rappresentano effettivamente una palese anomalia nel contesto della dorsale appenninica in quanto si configurano come un’isola a sé stante sotto l’aspetto geologico e paesaggistico.

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Infine c’è da considerare in chi le frequenta una stupefacente visione sia della Versilia che della Garfagnana. Dal Matanna al Pisanino – attraverso il gruppo delle Panie e dell’Altissimo, il Tambura, il Grondilice, il Cavallo e il Sagro, la Foce di Mosceta con la Grotta del Vento e l’Antro del Corchia, con la Foce di Mosceta e l’Oasi di Campocatino – è quindi tutto un inseguirsi di vette più o meno aspre e di valloni più o meno ameni, oltre a scoperte paesaggistiche inimmaginabili per chi le osserva da lontano, che confermano quanto scritto più sopra.

La Pania Secca e Volegno

Ma le Alpi Apuane non sono solo quelle descritte più sopra. E’ noto a tutti, infatti, il loro valore industriale e commerciale in quanto costituiscono un bacino marmifero di portata mondiale. Considerando infatti che – in particolar modo dalle cave del Sagro, del Corchia e dell’Altissimo – da questi bacini si permette all’Italia di essere il paese di maggiore esportazione del mondo, si desume che anche sotto il profilo attivo sono una catena montuosa senza precedenti. Lo “statuario” (o “bianco di Carrara”) con le splendide varietà “calacatta” (arreda le stazioni della Metropolitana di Mosca) e “arabescato” sono infatti le rare qualità di marmo che dominano il commercio internazionale di prodotti lapidei. Di conseguenza ci troviamo di fronte sì ad una “università a cielo aperto” per valore scientifico e ad uno “scherzo della natura” per la loro conformazione geologica, le Alpi Apuane sono anche uno dei comparti per l’economia nazionale, ma in primo luogo per le province di Lucca e Carrara-Massa.

Fatto sta che la massiccia produzione di marmo ha fatto sì che nel comprensorio apuo-versiliese prendesse forma e notevole sviluppo una capillare attività sia industriale che artigianale nella lavorazione e semi-lavorazione del greggio, sia del marmo che dei prodotti di importazione come il granito o l’onice. Quindi oltre ai lavoratori delle cave – presenti sino dall’antichità – si sono aggiunti quelli della pianura, impiegati nella movimentazione dei blocchi nelle segherie, nelle segherie stesse e nel trasporto a domicilio del prodotto lavorato o semi-lavorato.

Mario Pellegrini

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