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lunedì, Ottobre 14, 2024

Guerra, aumentano le preoccupazioni delle industrie locali per l’andamento dei prezzi energetici

La bolletta energetica a carico di imprese e famiglie si fa più pesante ogni giorno che passa dall’inizio della guerra innescata dalla Russia in Ucraina. Le quotazioni di borsa sono in continua crescita: sebbene l’erogazione di gas metano dalla Russia proceda finora con continuità, fra minacce di interruzione, timori generalizzati per il conflitto in atto e fenomeni speculativi, gli incrementi sono imponenti e molto preoccupanti, mentre le previsioni sono difficili e soggette a variazioni anche consistenti, auspicabilmente in positivo se le ostilità dovessero cessare a breve.

Per il gas metano, dopo 1,20 euro al metro cubo di dicembre c’era stata a gennaio e febbraio una contrazione dei prezzi che li aveva portati a – rispettivamente – 0,91 e 0,86 euro al metro cubo. A marzo, l’impennata: la quotazione in chiusura per il mese in corso prevede 2,10 euro al metro cubo, dopo quotazioni che hanno avuto punte anche di 3,50 euro al metro cubo. Ancora superiori le proiezioni per aprile (2,45 euro al metro cubo) con un modesto arretramento nei mesi successivi, per quanto l’auspicata cessazione della crisi internazionale potrebbe rendere meno severa l’evoluzione delle quotazioni (elaborazioni Consorzio Gas Toscana Nord su dati della Borsa italiana PSV e dell’olandese TTF, aggiornamento a oggi 8 marzo 2022). Negli ultimi due anni, fino a settembre 2021, le imprese hanno pagato mediamente il gas 0,20 euro al metro cubo, mentre il prezzo storico degli ultimi 15 anni nei contratti a prezzo fisso è variato da 0,14 a 0,35 euro al metro cubo: evidente quindi l’enormità degli aumenti.

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Per quanto riguarda l’energia elettrica – in Italia fortemente condizionata dal prezzo del gas metano con cui viene in larga parte generata – dopo i già elevati 240 euro al megawattora a gennaio e 200 euro al megawattora a febbraio (comunque inferiori a dicembre 2021), la quotazione del PUN-Prezzo Unico Nazionale registra in questi giorni valori medi intorno ai 400 euro al megawattora. L’entità dell’incremento può essere colta considerando che nel decennio 2011-2020 il costo dell’energia è stato in media di 56,4 euro al megawattora (fonte: Consorzio CEIR su dati European Energy Exchange, aggiornamento a oggi 8 marzo 2022).

Questi giorni hanno visto anche ulteriori impennate di quotazioni di materiali fondamentali per le attività industriali, dal barile di petrolio che ha sfiorato i 140 dollari, al gasolio per autotrazione a 1,9 euro al litro, fino a metalli come il rame (oltre i 10.000 dollari la tonnellata) o l’alluminio (oltre 4.000 dollari la tonnellata).

“Se già lo scorso dicembre c’era un forte allarme per l’incremento della bolletta energetica, ora possiamo parlare di una situazione letteralmente fuori controllo – dichiara il presidente di Confindustria Toscana Nord Daniele Matteini -. Incrementi di queste entità rendono difficile se non impossibile l’attività delle aziende che ne sono investite: non si può lavorare in perdita, se non per periodi molto limitati, e non a caso in alcune aziende si registrano già interruzioni della produzione. Nei mesi scorsi, quando, ancor prima della guerra, si erano già manifestate tensioni sui prezzi, le aziende hanno fatto dal punto di vista contrattuale e degli investimenti tutto il possibile per tutelarsi, ma non sempre questo è bastato e ancor meno basterà se la situazione che riscontriamo in questi giorni dovesse continuare ancora. Oltre che per i prioritari motivi umanitari e di sicurezza geopolitica complessiva, dobbiamo auspicare con tutte le nostre forze che la guerra in corso si fermi. Quella che stiamo vivendo è una lezione severa: non possiamo permetterci politiche energetiche troppo rischiose e poco lungimiranti.”

“Da questo disastro dobbiamo trarre occasione e stimolo, come sistema paese, per ripensare drasticamente la politica energetica nazionale – aggiunge il vicepresidente di Confindustria Toscana Nord Tiziano Pieretti, che ha anche la delega per l’energia -. Accanto a provvedimenti immediati che possano, nei limiti del possibile, alleviare gli aggravi che pesano sulle imprese, occorre gettare già oggi le basi di un futuro che garantisca disponibilità di energia a prezzi che non ci espongano eccessivamente a tempeste rovinose come quella in atto. E’ fondamentale lavorare intensamente per il passaggio alla decarbonizzazione e quindi alle energie rinnovabili, pur nella consapevolezza che in questo processo il gas metano continuerà per lungo tempo ad avere una rilevanza essenziale e che quindi non possiamo prescindervi. Sì quindi alla già ventilata ripresa della produzione nazionale di gas, alla diversificazione dei paesi fornitori e al potenziamento dei rigassificatori e, parallelamente, a ogni misura di semplificazione per promuovere l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili.”

Il territorio Lucca-Pistoia-Prato è particolarmente colpito dall’aggravio della bolletta energetica delle industrie. Sono definite “energivore” nel territorio di Confindustria Toscana Nord 2.343 unità locali con 22.314 addetti, che rappresentano il 23% del totale delle persone impiegate nel manifatturiero (classificazione secondo i criteri fissati dalle “Nuove linee guida sugli aiuti di stato all’energia e all’ambiente” dell’Unione Europea pubblicate alla fine dello scorso dicembre). Fra gli addetti del manifatturiero toscano riconducibili ad aziende energivore oltre la metà (il 52%) appartiene all’area Lucca-Pistoia-Prato. Nel territorio di Confindustria Toscana Nord, spiccatamente manifatturiero, hanno infatti una forte concentrazione i due settori maggiormente energivori, il tessile (è energivoro il 76% delle imprese del settore ubicate nel territorio) e il cartario (è energivoro il 69% delle imprese del settore ubicate nel territorio), cui si aggiungono anche in misura significativa la gomma-plastica, il lapideo e la metallurgia. Tuttavia ormai il caro-energia ha assunto dimensioni tali da costituire un gravissimo problema anche per aziende per le quali la bolletta energetica ha rispetto alle energivore e ai trasporti un’incidenza minore sul totale dei costi: un problema che investe tutti i settori anche al di là del manifatturiero, coinvolgendo anche attività del terziario, turismo e servizi alle imprese.

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