Le fonti di Banca d’Italia hanno fornito i dati (preoccupanti) degli impieghi finanziari alle aziende per l’intero anno 2023. I risultati sono molto negativi, ovvero meno 55 miliardi di finanziamento alle imprese (corrispondenti a – 7%), che sarebbero dovuti andare quasi tutti alle PMI: la grande impresa infatti ha garanzie e capacità di relazioni che non fanno ‘soffrire’ il loro rapporto con il sistema bancario.
I dati rilevati costituiscono un campanello di allarme per gli investimenti, che necessitano quasi sempre di assistenza finanziaria, e sono notoriamente necessari, indispensabili per sviluppo economico e occupazione.
Alcuni osservatori, sui quotidiani di oggi, attribuiscono le motivazioni del fenomeno agli alti tassi di interesse praticati dagli istituti. Mi permetto di avere una idea e una interpretazione diversa basata sui fatti: le banche Fintech sono in forte controtendenza con gli impieghi aumentati anche a due cifre percentuali. I tassi praticati dalle banche Fintech sono notoriamente superiori, pur con tempi di erogazione più veloci, rispetto a quelli praticati dalle banche maggiori, quelle ‘tradizionali’.
Per questo motivo la scelta degli imprenditori, in particolare delle PMI, non si spiega solo con i tassi alti. Esiste una volontà di affrontare il mercato. Per tutti gli operatori i rischi di credito vanno affrontati, selezionando gli impieghi con criteri di affidabilità oggettivi e professionali.
Il mercato in effetti premia i bilanci delle maggiori banche italiane indipendentemente dalla loro ridotta attività ‘tipica’ di accompagnare le imprese con maggiori finanziamenti possibili. Allora la riflessione che si trae da una osservazione degli andamentali è che occorre, con tutte le forze disponibili, lavorare per migliorare il dato complessivo degli investimenti produttivi.
Gli operatori, come gli agenti in attività finanziaria e i mediatori creditizi che sono dipendenti bancari a stipendio variabile, svolgono la loro attività professionale di sostegno all’impresa, in particolare quella minore che è sì meno strutturata, ma che comunque rappresenta oltre il 90% dell’imprenditoria del nostro Paese.
Concludendo, deve continuare un impegno professionale costante, meritorio per favorire le scelte delle aziende a favore del loro sviluppo, della crescita del PIL e anche dei conseguenti livelli occupazionali.
Gianfranco Antognoli