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sabato, Dicembre 7, 2024

Buster Keaton, un genio del cinema. Rassegna di film in occasione dell’uscita del documentario di Bogdanovich

Parte giovedi 17 novembre al Cinema Scuderie Granducali di Seravezza una breve rassegna in omaggio al grande Buster Keaton.

L’occasione è data dall’uscita del documentario The Great Buster firmato da Peter Bogdanovich. Il film è un’attenta ricostruzione biografica e una puntuale analisi dell’opera e della vita di Buster Keaton. Ma soprattutto un omaggio affezionato firmato da uno dei maestri della New Hollywood.

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“È attraverso la sua voce – si legge in una nota – , e quella di molti altri (da Orson Welles a Quentin Tarantino, da Werner Herzog a Mel Brooks…), che ripercorriamo la carriera del geniale comico dall’espressione impassibile, dalle origini fino alla malinconica parabola discendente, accompagnati dalle immagini dei suoi film e dalle sue gag surreali e irresistibili. L’excursus compiuto da Bogdanovich all’interno degli archivi di Keaton rivela un artista visionario che, per il gusto di una risata, mise in gioco tutto se stesso, anima e corpo, in film amati come The General , Steamboat Bill Jr., Sherlock Jr. e molti altri”.

“Un documentario imperdibile – prosegue la nota – per conoscere davvero Buster Keaton, la storia della sua vita e dei suoi film. Perché la domanda non è: chi conosce Buster Keaton? La risposta sarebbe ovvia: tutti ce l’abbiamo presente, tutti ricordiamo il suo volto e la sua silhouette. Ma la vera domanda è: chi lo conosce davvero e chi ha visto i suoi film? Il documentario di Bogdanovich è in questo senso fondamentale, valendo sia come introduzione rivolta a chi si trovasse ad approcciare per la prima volta l’arte di Keaton che come approfondimento per chi avesse già familiarità con la sua opera”.

La rassegna si articola successivamente con la proposta di opere restaurate di Buster Keaton: The General (1927), Cops (1922), Steamboat Bill jr (1928), One Week (1920), Sherlock jr (1924).

L’iniziativa è in collaborazione con Cineteca di Bologna – Il Cinema ritrovato.  Info: tel. 0584 – 840409.

Questo il programma:

  • giovedì 17 ore 21,15 e domenica 20 ore 18 “The Great Buster”: “Un’attenta ricostruzione biografica e una puntuale analisi critica dell’opera e della vita di Buster Keaton. Ma soprattutto un omaggio affezionato firmato da uno dei maestri della New Hollywood, Peter Bogdanovich. È attraverso la sua voce, e quella di molti altri (da Orson Welles a Quentin Tarantino), che ripercorriamo la carriera del geniale comico dall’espressione impassibile, dalle origini fino alla malinconica parabola discendente, accompagnati dalle immagini dei suoi film e dalle sue gag surreali e irresistibili”.
  • venerdì 18 ore 21,15 e venerdì 25 ore 18,30 “The General”: “‘Come vinsi la guerra’ è un film muto del 1926, interpretato, scritto e diretto da Buster Keaton. La vicenda inizia nel 1861, durante la guerra di secessione americana. Johnnie Gray (Buster Keaton) è un ingegnere ferroviario della Western & Atlantic Rail Road, che nella vita ha due grandi amori: la sua locomotiva, chiamata “il generale”, e la sua fidanzata Annabelle Lee (Marion Mack). Un giorno, mentre si trova a casa della ragazza, il fratello (Frank Barnes) e il padre (Charles Smith) di Annabelle apprendono che è scoppiata la guerra e subito corrono ad arruolarsi nella Confederazione. Annabelle si aspetta che anche Johnnie si arruoli, essendo affascinata dagli uomini in divisa. Nonostante tenti più volte di essere reclutato, Johnnie viene sempre rifiutato perché considerato più utile come ferroviere che come soldato. Il padre e il fratello di Annabelle riferiscono erroneamente alla ragazza che Johnnie non si è presentato all’ufficio di reclutamento militare e, quindi, viene ritenuto un codardo dalla famiglia della fidanzata. Annabelle è profondamente delusa e, dopo averlo raggiunto presso la locomotiva, gli dice che non gli parlerà fino a quando non vestirà l’uniforme. Un anno dopo, alla notizia che suo padre è stato ferito in guerra, Annabelle parte in treno verso nord. Il convoglio su cui viaggia la ragazza è trainato dalla locomotiva di Johnnie, ma la ragazza ancora si rifiuta di parlargli. Nel frattempo, in un accampamento dell’Unione a nord di Chattanooga, il generale Thatcher (Jim Farley) e il capitano Anderson (Glen Cavender) escogitano un piano per impossessarsi di un treno sudista a Big Shanty per guidarlo verso nord. Il piano è distruggere le linee del telegrafo, i binari e i ponti dietro di loro, per interrompere i rifornimenti all’esercito sudista. Il treno prescelto è proprio quello su sta viaggiando Annabelle. Quando il convoglio si ferma a Big Shanty per la cena, approfittando del fatto che tutti i passeggeri scendono per raggiungere il punto di ristoro, Anderson e gli altri nordisti staccano la locomotiva e i primi vagoni dal resto del convoglio. Mentre Annabelle torna nel vagone bagagli per prendere qualcosa, Anderson e i suoi risalgono sul treno, dirottandolo secondo i piani. Dopo essere stata scoperta, Annabelle viene fatta prigioniera. Quando Johnnie alza lo sguardo e vede partire il suo treno, lancia l’allarme e poi comincia a correre per raggiungerlo. A Johnnie non resta altro che lanciarsi in un frenetico inseguimento dei nordisti lungo i binari, con qualsiasi mezzo utile egli trovi lungo il cammino, allo scopo di salvare i suoi due tesori: Annabelle e ‘il generale’”.
  • giovedì 1 dicembre ore 21,15 e sabato 3 dicembre ore 18,30 “Cops” e “Steamboat Bill jr“: “In Cops il personaggio di Keaton, pur armato delle migliori intenzioni, scivola progressivamente in una spirale kafkiana di colpevolezza alla quale, sul finire, sembra non avere più la forza di opporsi, scegliendo di lasciarsi ‘inghiottire’ dai cancelli del commissariato di polizia. L’ultima sequenza, in cui Buster è inseguito da una “moltiplicazione terribile di poliziotti invadenti e vendicativi che anneriscono lo schermo col loro pullulare”, resta tra le più celebri e immediatamente riconoscibili della storia del cinema.

Keaton esprime un’inquietudine che disorienta, un’estraneità che rasenta spesso l’angoscia panica. In questo Keaton ha in comune con Kafka la concisione superba del racconto, l’economia rigorosa dei mezzi, il gusto dei bruschi cambiamenti di ritmo. Le immobilità sublimi di Buster, ridotto a un simbolo dell’attesa in un ginnasio o in una chiesa vuoti, o catatonico fino al vegetativo, precedono improvvisi slanci nel supersonico: per raggiungere la sua amata, attraversa una città intera in un secondo, superando quando è il caso, ostacoli olimpionici. […] Buster è divenuto l’Adamo colpevole di un Paradiso poliziesco, l’unica giustificazione di questo apparato smisurato. Malgrado una tendenza secondaria di questi giustizieri ad annientarsi a vicenda, Buster, stanco di guerra, si lascerà inghiottire dall’antro castratore che è il nero commissariato di polizia. Come in Kafka, la legge trascende l’umano e gli impone il suo movimento, le sue illusioni, quindi il suo verdetto.
(Robert BenayounLo sguardo di Buster Keaton, Emme Edizioni, Milano 1982)

Mi è stato chiesto spesso se abbia concepito i miei film come dei sogni, dei sogni in cui accadono cose assurde e fuori controllo. In un certo senso è vero: tutti i miei film a due rulli erano come dei sogni, compreso Cops. Quando passammo a realizzare dei lungometraggi questo aspetto si ridimensionò a favore di una struttura narrativa più complessa. Lasciammo andare le acrobazie più impossibili e le gag da ‘cartone animato’, come le chiamavano all’epoca, volevamo che le nostre storie fossero più credibili, più verosimili. In Cops, come negli altri film di quel periodo, avevamo in mente circa il cinquanta per cento del film prima di iniziare a girare. Il resto veniva sviluppato durante le riprese.
(Buster Keaton intervistato da Studs Terkel, 1960)

Steamboat Bill è il proprietario di un battello fluviale vecchio e scalcinato ed è in eterna competizione con John King, la cui imbarcazione è molto più moderna e piena di confort. Quando un telegramma lo avverte che suo figlio Wiliam Jr., da tempo in città per motivi di studio, sta per tornare a casa, Steamboat Bill inizia a immaginare di trovarsi davanti un uomo forte e muscoloso. Il giovane William, invece, si rivela un ragazzo magro e senza muscolo e, per di più, innamorato di Kitty, la figlia del nemico giurato di Steamboat Bill”.

  • mercoledì 7 ore 21,15 e sabato 10 dicembre ore 18,30 “One Week” e “Sherlock jr“: “One Week è probabilmente il primo capolavoro di Keaton e uno dei migliori cortometraggi della storia del cinema. Dopo soli quindici film interpretati in tandem con Roscoe ‘Fatty’ Arbuckle tra il 1917 e il 1920, lo stile visivo, il raffinato senso della comicità, la straordinaria inventiva e l’istinto d’attore di Keaton sembrano aver già raggiunto la perfezione. Come scrisse un critico, sorbirsi decine di comiche del muto e poi imbattersi in One Week è come vedere qualcosa che nessun uomo riesce mai a vedere: un giardino mentre fiorisce”.

One Week, il mio primo film a due rulli, faceva davvero molto ridere… L’ho diretto insieme a Eddie Cline, come la maggior parte dei miei corti. In realtà, all’epoca, tutti i membri del nostro staff – l’assistente agli attrezzi di scena, l’assistente alla regia, il cameraman – erano tutti dei gag men, era inevitabile. Nel film, mio zio mi regala per le mie nozze una casa mobile, mentre mia zia il terreno su cui costruirla. Per vendicarsi, un ex-pretendente della ragazza cambia tutti i numeri presenti sulle casse dei materiali da assemblare così che alla fine, una volta montata, la casa è stramba come niente al mondo. Come se non bastasse, alla fine scopro che neanche il terreno su cui l’abbiamo costruita è quello giusto.
(Buster Keaton intervistato da George G. Pratt, 1958)

“Uno dei film più incredibili di Keaton, nel quale il geniale comico dall’espressione impassibile è un proiezionista aspirante detective che sogna di entrare e uscire dallo schermo cinematografico in un susseguirsi di gag surreali e irresistibili”.

Sherlock Jr. segna l’inizio di un acceso dibattito, che continua ancora oggi, sul carattere surrealista dei film di Buster Keaton, al quale hanno preso parte registi, filosofi e drammaturghi. Nel 1924, anno di uscita del film, René Clair scrisse che per il “pubblico surrealista” Sherlock Jr. rappresentava un modello paragonabile a ciò che per il teatro aveva rappresentato Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello. L’uso che Keaton faceva del sogno e dei raccordi – di cui andò sempre molto fiero – fu definito rivoluzionario da Antonin Artaud e Robert Aron, che nel suo saggio del 1929 intitolato Films de révolte sottolineò come il surrealismo di Keaton fosse “superiore” a quello di Man Ray e di Luis Buñuel, poiché Keaton era riuscito a conquistare la libertà espressiva rispettando le regole del cinema narrativo. Lo stesso Buñuel, che dagli inizi del 1930 programmò i film di Keaton al Cineclub Español di Madrid, ne ammirava in particolare l’assenza di sentimentalismo, la capacità di trasformare gli oggetti e l’uso del sogno. […]
Ovviamente nelle interviste Keaton si diceva interessato “solo a far ridere”, ma – come osserva Walter Kerr – questo non lo rende un teorico del cinema meno brillante, soprattutto in Sherlock Jr.: “nel suo vertiginoso film-dentro-un-film illustra i principi della continuità e del montaggio in maniera più vivida e precisa di quanto siano mai riusciti a fare i teorici del cinema. Ma l’analisi non sta nella testa di Keaton. Sta nel film, è al film che lavorava, e la teoria prendeva forma dal corpo, dalla macchina da presa, dalle dita, da un paio di forbici”.
(Cecilia Cenciarelli)

Mi è piaciuto girare Sherlock Jr. È un film molto adatto a me. È stato forse il più difficile per via di tutti quei trucchi e degli effetti speciali che ci hanno richiesto davvero molto tempo. Il film partiva tutto da lì: un proiezionista di un cinema si addormenta, mescolando le sue vicende a quelle dei personaggi sul grande schermo. Il mio compito consisteva nel trasformare i personaggi del film sullo schermo con quelli della mia storia, così avevo una trama. Ora, far funzionare il tutto era un altro paio di maniche. Ma dopo l’uscita di Sherlock Jr., ogni cameraman impiegato a Hollywood passò serate intere per cercare di capire come avessimo realizzato quelle scene. Credo che il motivo per cui decidemmo di andare avanti con la storia è che avevo a disposizione il miglior cameraman in circolazione, Elgin Lessley. Elaborammo insieme i numeri, alcuni venivano dall’epoca del vaudeville. Di solito preferisco i ‘trucchi veri’ agli effetti speciali, ma ne ho imparati tanti negli anni e per Sherlock Jr. immaginai delle gag che ne utilizzassero il più possibile. Spiegai al tecnico che avrebbe realizzato le scenografie cosa costruire e cosa avevo intenzione di fare. Quando mise tutto assieme tornò da me e mi disse: “Non puoi raccontare una storia così, è piena di trucchi, di gag impossibili, di magie degne del mago Houdini… devi far accadere tutto in un sogno”.
(Buster Keaton intervistato da Christopher Bishop, 1958)

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