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martedì, Dicembre 3, 2024

I Disturbi dell’Alimentazione: una metafora del nostro tempo

Il 15 marzo ricorre la Giornata del “Fiocchetto Lilla”, giornata nazionale di sensibilizzazione contro i Disturbi della Alimentazione giunta quest’anno alla sua XI edizione. Prende origine dal dolore di un papà, Stefano Tavilla, presidente dell’associazione ligure “Mi Nutro di Vita” che in quello stesso giorno del 2011 ha perso la figlia Giulia, diciassettenne, a causa di un disturbo bulimico, alla vigilia del suo ingresso in un centro terapeutico. Il “Fiocchetto Lilla” diventa simbolo della lotta per cure accessibili in tutta la Penisola, simbolo di rispetto per tutti coloro che stanno lottando contro un disturbo alimentare e per le loro famiglie, di ricordo per quelle farfalle volate in cielo troppo giovane e sofferenti e di aggregazione per i pazienti, le associazioni di familiari e gli specialisti del settore.

Se ogni epoca ha la sua malattia non c’è dubbio che i Disturbi della Alimentazione e della nutrizione (Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa, Disturbo da Binge Eating, Disturbo evitante/restrittivo ARFID) sono metafora di grandi temi, paure e contraddizioni del nostro tempo. In questi disturbi psichiatrici ad essere compromessa è l’identità corporea che mai come in questa epoca è connessa con la sicurezza del Sé, il rapporto con il cibo, amico onnipresente ma al contempo nemicoe il sistema di autovalutazione polarizzato sull’apparenza e surichieste di prestazione da perfetto narciso.

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Questo non significa che l’attenzione estrema all’immagine corporea , il culto della magrezza siano la “causa” dei disturbi alimentari ma svolgono un effetto patoplastico suggerendo la strada attraverso la quale un malessere profondo, spesso di stampo depressivo o traumatico si esprime e cerca una soluzione.

Per chi soffre di Disturbi dell’Alimentazione, il cibo, elemento essenziale per la sopravvivenza, diventa il mezzo attraverso il quale manifestare il proprio disagio interiore: un “rifugio” e l’“anestetico” per non sentire il dolore. Controllare il cibo, o tentare di farlo, diventa l’unico modo per esercitare il controllo su sé stessi, sulle proprie emozioni, pensando di non essere più in grado di controllare la propria vita e le relazioni. Si cerca di “gestire” l’ingestibile lotta interiore, gestendo il corpo e la sua forma, i suoi ritmi fisiologici: questodiventa l’unico modo per sentirsi efficaci, l’unico strumento per aumentare la propria autostima, per riconoscere il proprio valore come persona.

Un’illusione di controllo che, dopo una breve luna di miele, fagocita interessi, relazioni, passioni, emozioni. Tutto viene abdicato di fronte al pensiero del cibo, dei centimetri e dei chili. Cibo desiderato ma rifiutato insieme ad ogni fiamma di piacere o altresì strumento di edonistiche abbuffate dal retrogusto autolesivo.

La psicoterapeuta dottoressa Marina Lenzoni

Secondo l’ultima rilevazione del Ministero della Salute (2018-2020 ), sono più di 3 milioni le persone ammalate di tali patologie e nel 2019 sono morte 3469 persone con diagnosi correlate a disturbi della Alimentazione. Le misure restrittive collegate alla pandemia hanno determinato, negli ultimi due anni, un aumento del 30 % dei pazienti in particolare nella fascia preadolescenziale e infantile, quella più colpita e traumatizzata dall’isolamento, la DAD (didattica a distanza ndr), la perdita dei contesti sociali di riferimento. Gli stessi dati ci dicono anche che i maschi, che erano fino a ora indenni da questa patologia, sono oggi il 20% della popolazione colpita, e molto probabilmente tra 10 anni questo non sarà più un disturbo di genere.

Il confine tra quella che può essere considerata un’innocua attenzione per la dieta e per le forme del corpo, specialmente per i giovani, e l’insorgere di una malattia non è sempre facile da stabilire.

I primi due indizi che meritano attenzione sono il drastico cambiamento del regime dietetico, la repentinità con cui questo viene messo in atto e la tenacia con cui viene portato avanti.

Dai Disturbi dell’Alimentazione si può guarire se si interviene in tempi e con metodi adeguati. Necessitano di un trattamento specialistico multidimensionale e interdisciplinare in cui è essenziale una grande collaborazione tra figure professionali con differenti specializzazioni.

Dott.ssa Marina Lenzoni, Psicoterapeuta Centro per la Famiglia Viareggio

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