E’ stata costituita a Seravezza la nuova Comunità Slow Food Castagno dell’Alta Versilia. “L’obiettivo – si legge in una nota dell’associazione – è la valorizzazione, la tutela e la diffusione delle cultivar locali, delle tradizioni artigianali, culturali e culinarie legate alla castanicoltura, oltre che la diffusione della coltivazione della castagna come strumento di difesa del suolo e la didattica a tutti i livelli come mezzo di trasmissione delle tradizioni e dei saperi antichi”.
La Comunità Slow Food del Castagno dell’ Alta Versilia coinvolge 13 persone e intende raggiungere i propri obiettivi attraverso varie iniziative: la coltivazione del castagneto e la produzione della farina; l’organizzazione di eventi culturali ed enogastronomici; programmi didattici per le scuole e per adulti; la raccolta delle ricette tradizionali e innovative con la castagna o la farina di castagne e tutti i suoi derivati; la valorizzazione, la tutela e la conservazione del paesaggio del castagneto.
“Le Comunità Slow Food – spiega l’associazione – sono lo strumento più efficace per cambiare dal basso il sistema di produzione del cibo. Le Comunità diventeranno molto presto la principale forma di aggregazione di Slow Food sui territori”. “Per noi, al centro dell’idea di comunità c’è il bene comune legato al cibo, all’ambiente, alla relazioni sociali, alla spiritualità – dichiara Carlo Petrini, presidente internazionale di Slow Food – . Abbiamo molto lavoro da fare per creare miriadi di Comunità Slow Food nel mondo, ma stiamo iniziando da reti e progetti che sono già attivi all’interno del nostro movimento, inclusi l’Arca del Gusto, i Presìdi, i cuochi dell’Alleanza, i Mercati della Terra e gli orti. Insieme a loro cercheremo di affrontare le grandi sfide dei tempi che stiamo vivendo, a partire dalla crisi climatica e dal collasso degli ecosistemi”. “È per questo che la Comunità Slow Food è così rilevante per questo territorio – commenta Walter Giannini che è il portavoce/rappresentante della Comunità – . Essa è un tentativo concreto di promuovere dal basso il recupero dei castagneti e della filiera della castagna e farne una risorsa reale per il territorio».
Questo nuovo modello organizzativo, sancito con il Congresso internazionale di Slow Food a Chengdu nel 2017, è “aperto, inclusivo e profondamente radicato a livello locale: è la migliore rappresentazione del concetto di agire locale e pensare globale che da sempre caratterizza Slow Food – spiega ancora l’associazione – . Infatti i princìpi ispiratori alla base di ogni Comunità nel mondo sono gli stessi, e si rifanno alla Dichiarazione di Chengdu. E analoghi sono pure gli obiettivi su scala planetaria: difendere e rafforzare la biodiversità, cambiare il sistema di produzione, trasformazione, distribuzione del cibo, educare il gusto dei cittadini e soprattutto delle giovani generazioni. Parlare di comunità non è una novità per Slow Food. Il termine è entrato ufficialmente nel vocabolario del movimento nel 2004 quando la prima edizione di Terra Madre ha riunito a Torino 5 mila rappresentanti delle comunità del cibo di 130 Paesi del Mondo”.
“Le Comunità Slow Food – conclude l’associazione – sono costituite da un gruppo di persone che condividono i valori del movimento internazionale, a partire dalla sua convinzione principale, ovvero che il cibo buono, pulito, giusto è un diritto di tutti e fino a quando anche solo una persona sul pianeta non ne avrà accesso, Slow Food non smetterà di battersi per garantirlo”.