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mercoledì, Ottobre 9, 2024

1922-2022. A cent’anni dalla “Marcia su Roma” , le violenze degli squadristi e il “primo antifascismo” in Versilia

Veder l’erba dalla parte delle radici non capita spesso. Successe una volta a Davide Lajolo che poi ne scrisse. Capiterà invece, ma in un significato tutto positivo, a chi volesse avvicinarsi al bel progetto messo in piedi dalla Biblioteca “Franco Serantini” a cento anni dalla “Marcia su Roma” (28 ottobre 1922), evento visto dalla parte degli antifascisti. La Biblioteca, congiuntamente a Istituti storici della Resistenza e Anpi, propone – come si legge nel sito web primoantifascismo.org – un percorso di studi e di ricerca sulle caratteristiche del primo fascismo e del primo antifascismo sviluppatisi tra 1920 e 1922 nell’area Nord Occidentale della Toscana. <Il progetto cerca di individuare una o più chiavi interpretative della genesi e dello sviluppo dello squadrismo antemarcia, la cui storia ha segnato in profondità i territori e le rispettive popolazioni con una scia di violenze inaudite, di lutti e distruzioni>.

 Tra i soggetti promotori del progetto, articolato in un qualificato programma di iniziative, è presente la sezione “Gino Lombardi” Versilia dell’Anpi che interessa i comuni di Pietrasanta, Seravezza, Forte dei Marmi e Stazzema. Un’area in cui, nel periodo in questione, non si registrarono però fatti luttuosi come successe, invece, nella vicina Viareggio dove il 16 maggio 1921 fascisti locali assassinarono il calafato Pietro Nieri e il marinaio Enrico Paolini. Parte di Versilia che fu comunque teatro di soprusi e di violenze su singoli cittadini e organizzazioni avverse al nascente fascismo. Gli esempi più eclatanti rinviano agli assalti e alle devastazioni delle camere del lavoro di Pietrasanta (1 maggio 1921) e di Seravezza (17 luglio 1921 e 22 maggio 1922). Quest’ultima aveva un’importanza centrale nell’organizzazione dei lavoratori dell’alta Versilia, in massima parte cavatori e maestranze legate all’estrazione e alla lavorazione del marmo, e proprio per questo costituiva, come quella di Pietrasanta, una sezione della camera del lavoro di Carrara che aveva un’organizzazione più strutturata e rappresentava una ben più vasta massa operaia in buona parte, al pari di quella versiliese, di tradizioni socialiste e anarchiche.

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Lettera su foglio di quaderno, con timbro “Camera del Lavoro Carrara – Unione Marmisti – Pietrasanta, in data 4 ottobre 1919. Il documento testimonia della dipendenza della CdL di Pietrasanta da quella di Carrara
L’intestazione della lettera conferma che la CdL di Carrara Massa aveva competenze anche sui “Paesi del marmo, Lunigiana e Versilia”. L’intestazione complessiva della lettera, a firma di Alberto Meschi, in data 28 gennaio 1921, testimonia di una sede sindacale ben strutturata e con un proprio giornale: “Il Cavatore”.

La distruzione di arredi e documenti della camera del lavoro di Pietrasanta avvenne nella notte tra il 30 aprile e il 1 maggio ad opera di fascisti locali, che nel marzo precedente in città avevano fondato una sezione dei Fasci di Combattimento, e di appartenenti alla squadra d’azione della Disperata di Firenze, anch’essa da poco costituitasi. Fu una devastazione compiuta dopo una lauta cena, consumata dagli squadristi fiorentini giunti sulla costa toscana per poter partecipare all’indomani alla inaugurazione della sede del fascio a Carrara. Un’azione, quella di Pietrasanta, non priva di un risvolto a dir poco grottesco. Tra le cose gettate in strada dai fascisti, infatti, ci fu anche un busto marmoreo di Giosuè Carducci scambiato, secondo la testimonianza di un fascista del luogo, per quello di… Carlo Marx! Camera del lavoro che fu oggetto di altre provocazioni e prepotenze. Più di una volta, ad esempio, i fascisti tentarono di issare una bandiera tricolore fuori dalla sede sindacale peraltro senza mai riuscirvi per l’intervento dei carabinieri e dei dirigenti camerali. Così, qualche anno più tardi, i “Neri di Pietrasanta” descriveranno sull’omonimo numero unico il clima di quel periodo: <La sicurezza che la nuova formazione faceva sul serio indignò i santoni della zona e il 1° Maggio si delineava in Pietrasanta una dimostrazione in forze di garofani rossi e di robusti bastoni alpigiani. La Disperata di Firenze (…) portò i suoi uomini nella nostra piccola città e la riempì di canti nuovi, strafottenti e giovanili,, ma anche di manganelli in continua azione e di pistole sempre in vena di sparare>.

Lettera del Sindacato Fascista CISE in data 19 settembre 1922 in cui si afferma che i lavoratori del marmo nella quasi loro totalità si sono iscritti a questo sindacato che, nel frattempo ha già occupato la ex sede della Camera del Lavoro, richiedendo al Comune il sussidio già concesso alla CdL stessa. Si era alla vigilia della Marcia su Roma e la CdL di Pietrasanta aveva già subito una devastazione e numerosi altri attacchi da parte degli squadristi (questo e gli altri documenti sono custoditi nell’Archivio Storico del Comune di Pietrasanta)

 Durante l’anno si infittirono gli scontri con comunisti, socialisti e anarchici e crebbe sensibilmente il numero delle spedizioni punitive e delle intimidazioni degli squadristi. Incidenti, bastonature e colpi di rivoltella si registrarono a Pietrasanta (nella frazione di Strettoia e in località Baccatoio) e a Forte dei Marmi dove particolarmente gravi furono le conseguenze dello scontro tra gli appartenenti alle due associazioni di scaricatori di porto: quella di ispirazione socialista (Lega dei facchini) e quella fascista (aderente alla Confederazione italiana dei sindacati economici). La situazione, insomma, si faceva di giorno in giorno più pesante tanto da far scrivere al Prefetto di Lucca una sorta di ultimatum al vice commissario di Pubblica Sicurezza di Pietrasanta: <Continuano a pervenirmi da molti cittadini e dal superiore Ministero molte lagnanze per le gesta che compiono codesti fascisti, tra i quali non mancano individui di pessima condotta che danno sfogo ai propri istinti antisociali. La prevengo, per l’ultima volta, che se Lei non saprà far rispettare la legge e prevenire e reprimere immediatamente ogni reato sarò costretto a promuovere provvedimenti a suo Carico>. La lettera era del luglio ma proprio in quello stesso mese, il giorno 17, la camera del lavoro della vicina Seravezza venne devastata dai fascisti locali di Querceta, di Pietrasanta e di Seravezza. Un’azione squadristica fine a se stessa e, come le altre, incapace di indicare una alternativa o portare qualche concreto beneficio alla massa operaia e ciò a causa di una proposta sindacale del fascismo al momento ancora inesistente. Cinque giorni prima i fascisti di Seravezza avevano affisso manifesti nei quali si additavano alla cittadinanza quali “nemici del popolo” Attilio Fellini, segretario della locale camera del lavoro, e il socialista ed ex sindaco della città, Pietro Marchi, intimando loro <di allontanarsi dalla città entro dieci giorni>. In agosto sarà ancora il Prefetto a richiamare l’attenzione del Comandante dei Regi Carabinieri della Divisione di Lucca sulle <provocazioni fasciste contro gli operai ricominciate a Pietrasanta>, provocazioni e violenze, <sostenute dagli industriali del marmo>, in risposta alle lotte operaie intraprese in seguito alla diminuzione dei salari nel settore.

L’edificio così come è oggi, con annessa lapide, dove dai primi anni del Novecento aveva sede la Società di Mutuo Soccorso “G. Garibaldi” a Pietrasanta e dove con buona approssimazione possiamo affermare si trovasse anche la Camera del Lavoro di Pietrasanta fino alla sua chiusura imposta dai fascisti tra l’agosto e il settembre 1922. Nessuna documentazione certa in merito è però stata acquisita al momento nonostante ripetute indagini d’archivio

Nel corso del successivo 1922 il clima non cambiò. Toccherà ancora alla camera del lavoro di Pietrasanta, il 22 maggio, subire un tentativo di invasione da parte dei fascisti e a quella di Seravezza, il 19 maggio, ricevere l’attacco più violento delle camice nere, questa volta arrivate da fuori zona. Oltre duecento fascisti del carrarese, con a capo il giovane ras locale, Renato Ricci, assaltarono la sede sindacale in modo definitivo, allontanarono il segretario Fellini, prelevato con la forza dalla propria abitazione, portandolo fuori città a bordo di un’automobile.

In Versilia tutto il 1922 segnò un crescendo della conflittualità politica. L’esaltazione dei fascisti andò avanti e crebbe alla vigilia della “Marcia su Roma” finché, all’indomani di quel 28 ottobre, un uomo, con la coercizione, l’annullamento delle libertà e molte complicità, legò tragicamente il proprio destino a quello dell’Italia e degli italiani.

Giuliano Rebechi

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