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sabato, Maggio 4, 2024

Gli “Approdi” di Giovanni Lazzarini: dalla mostra al catalogo ricostruito il percorso artistico di “Menghino”

A conclusione della mostra “Approdi” che a Palazzo Paolina di Viareggio è stata dedicata a Giovanni Lazzarini “Menghino” nel centenario della nascita, è stato diffuso il catalogo della stessa, patrocinato dal Comune e con il supporto della Fondazione Banca del Monte di Lucca. Gran parte del merito di tutto ciò va anche e soprattutto alla figlia Giovanna ed al cognato Carlo Lippi che sono i custodi della sua memoria. Un catalogo dato alle stampe dalle Edizioni “L’Ancora” che in sostanza contiene dall’alfa all’omega l’opera pittorica, grafica e scultorea di questo inimitabile artista che, fra l’altro, ha anche lasciato il segno nell’affresco all’esterno della chiesina del porto (recentemente restaurato) e del vecchio Arengo (che necessita di importanti restauri perché sta gradatamente scomparendo).

Certo è che dal suo primo dipinto – “Pastorello” – che raffigura un ameno paesaggio campagnolo, all’esplosione dei suoi uomini (in senso lato) ogni giorno impegnati nella fatica del lavoro sul mare o nella paziente e rassegnata attesa della vendita del pescato, il salto è enorme. Ma ne è valsa la pena. Perché non da oggi Giovanni Lazzarini è segnato a dito per questa sua deriva che ne ha fatto un artista inconfondibile, addirittura unico nell’arte figurativa dell’ altro secolo. Le darsene sono la sua costante, i pescatori la sua anima, l’attesa dei venditori l’espressione umana della stanchezza e del tramonto della vita.

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Chi ha visitato la mostra ed ora sfoglia questo catalogo non può non rendersi conto che il suo discorso pittorico (si riflette anche nelle sculture) è incentrato sull’uomo, sulle sue attività quotidiane che portano alla stanchezza. Questo infatti si legge sui volti contraffatti o sullo sforzo dei muscoli per raggiungere la banchina nel più breve tempo possibile. Quanto tempo infatti hanno trascorso sul mare? Lo si legge nelle rughe della fronte, nello sforzo dei muscoli, negli occhi sbarrati. Perché anche nelle “Donne alla fontana” o nell’ “Osteria” non c’è segno di allegria, perché le prime hanno uno sguardo che va oltre il raccogliere l’acqua, mentre i giocatori più che intenti alle carte, pensano già al momento di tornare al lavoro.

Quindi “Approdi” – sia come mostra che come catalogo – costituiscono un compendio quanto mai esplicativo di quanto Giovanni Lazzarini ha lasciato nel corso della vita, una scia di volti e di atteggiamenti che esprimono sì la fatica dell’ uomo, ma anche la volontà di non darsi per vinto, di combattere le avversità. Per questo non esistono sorrisi, ma espressioni a volte contratte a volte allucinate, ma che comunque guardano avanti perché è nel lavoro che esiste un futuro. Un messaggio che peraltro si materializza solo nelle figurazioni di gruppo perché in quelle isolate prevale la stanchezza, la disillusione di sguardi che non guardano più. Praticamente l’aspettativa di una fine che passerà inosservata, che non lascerà un segno.

Per questo, cioè nei due aspetti che caratterizzano i personaggi di Giovanni Lazzarini, consiste il messaggio che ha lasciato sulla tela, sui cartoni, sugli affreschi, sul bronzo delle sue opere. Opere che lasciano pensare e che ti fanno riflettere in quanto questa è la vita di chi si guadagna il pane con una fatica che viene da lontano, probabilmente da quando esiste l’uomo sulla terra.
Mario Pellegrini

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