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venerdì, Novembre 22, 2024

L’intelligenza artificiale può prevedere le piene anche con 6 ore di anticipo. Una ricerca di Consorzio e Università

L’intelligenza artificiale può aiutare a prevedere le portate dei corsi d’acqua, persino a carattere torrentizio, i più difficili da gestire proprio per la rapidità con cui sopraggiungono le piene. È il risultato raggiunto grazie a una collaborazione fra il Consorzio di Bonifica Toscana Nord e il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa: un accordo di ricerca che si è sviluppato negli ultimi anni. Le due realtà hanno fatto sistema con l’obiettivo di riuscire a migliorare i tempi di previsione delle piene applicando tecniche innovative basate su Machine Learning (intelligenza artificiale, ndr).

“Grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale possiamo calcolare i probabili scenari del flusso di alcuni corsi d’acqua del comprensorio del Consorzio, sulla base dei dati di pioggia rilevati dall’intero sistema di pluviometri della zona, e non solamente di quelli situati nei pressi del corso d’acqua stesso. Un metodo innovativo – spiega il presidente del Consorzio, Ismaele Ridolfi – che permette di passare dalla teoria alla pratica e gestire le grandi banche dati territoriali. Un grande passo in avanti nella difesa del suolo perché efficace anche su corsi d’acqua a carattere torrentizio caratterizzati da repentini cambi di portata e che risentono in maniera maggiore dei cambiamenti climatici in atto. Oggi, grazie all’intelligenza artificiale, possiamo prevedere i momenti di piena fino a 6 ore prima”.

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L’accordo fra Consorzio di Bonifica Toscana Nord e Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa per ora è stato applicato su tre corsi d’acqua, Freddana, Versilia e Carrione, oltre al Lago di Massaciuccoli. Responsabile per la parte scientifica del Dipartimento di Scienza della Terra è la professoressa Monica Bini.

“Il sistema di intelligenza artificiale funziona anche nei casi di eventi intensi e concentrati, che sono i più difficili da prevedere ma che sono sempre più frequenti a causa dell’aumento delle temperature legato all’attuale riscaldamento globale”, spiega la professoressa.

Il dottor Marco Luppichini, che ha condotto in prima persona le analisi, sottolinea: “Abbiamo visto all’atto pratico che i modelli fisici utilizzati richiedono dati non sempre semplici da reperire ed una stima non corretta dei dati input può portare a risultati distanti da quella che è la realtà. Ad esempio, nella realizzazione di un modello fisico applicato al fiume Versilia avevamo avuto problemi con la quantificazione dell’acqua di infiltrazione a causa del sistema carsico che caratterizza l’area. Questi problemi, come altri, sono stati largamente superati applicando modelli di Machine Learning che si basano solo su dati facilmente reperibili”. 

Risultati che spingono Consorzio e Dipartimento di Scienze della Terra a rafforzare la collaborazione per il futuro. L’accordo di ricerca sarà al centro di un convegno in programma nel mese di maggio per spiegare ai cittadini l’importanza degli obiettivi raggiunti per la sicurezza dei territori e delle comunità.

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