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martedì, Aprile 23, 2024

Lorenzo Viani: bellezza, dolore, speranza, tra grandezza e miseria

Merita sempre di rivedere Viani, nonostante sia visto e rivisto, perché vengono fuori idee nuove, sensazioni diverse, momenti di intensa partecipazione, che si rinnovano ogni volta che osserviamo i suoi dipinti, disegni, oppure ogni volta che leggiamo le sue pagine (per me che ho letto alcuni dei suoi libri li ho sempre trovati ricchi d’immagini liriche). Questa è la grandezza di un’artista vero, la sua attualità.

La bellezza e la verità artistica delle opere del artista Viareggino stanno nella grande emozione che sanno suscitare ogni volta che osserviamo attentamente. La sua arte ci insegna tante cose, ci svela tanti segreti, cosa voglia dire grandezza, originalità, personalità.

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L’opera d’arte di Viani continua a parlare, a rimanere misteriosa, ma sempre illuminata, è un’opera inesauribile.

La miseria è quella dell’uomo che si inchina al fascismo forse per la fame patita, la paura sofferta, la ricerca della gloria del successo di adeguati compensi e Viani fino alla morte starà della parte del fascismo; questa la sua debolezza ma d’altra parte anche lui era un uomo che cercava un po’ di benessere dopo una vita di stenti e di oscuro e incessante lavoro. Ma la sua arte non avrà mai quel linguaggio trionfo e retorico che il fascismo inculcava giornalmente con clamori di trombe, iscriveva Silvio Micheli.

Viani è un esempio di dedizione totale alla pittura e alla letteratura in tutte le asprezze e sacrifici, ha dato tutto se stesso per l’arte.

 In tanti incontri che ho avuto con lo scrittore Silvio Micheli, che Viani lo ha conosciuto e frequentato, mi raccontava che spesso il pittore viareggino si abbandonava volentieri a discutere con i giovani ma solamente delle proprie imprese, e di sé, colpendo ferocemente in modo sempre polemico chi non la pensasse come lui e soprattutto con i giovani partiva sempre prevenuto. Era quindi difficile o addirittura impossibile uno scambio di opinioni o di idee con lui soprattutto riguardo i suoi problemi e la sua arte.

Al Viani scrittore  Micheli criticava il violento espressionismo e l’esagerazione della parola fino quasi al grottesco ma ne difese la natura antiaccademica che dava veste letteraria ad un lessico appreso dalla freschezza dell’oralità e del dialetto, senza condividerne le forzature linguistiche addirittura a suo giudizio barbare; però parallelamente ne lodava la capacità di aderire alla realtà con un linguaggio che la rispecchiava e l’attenzione costante rivolta non verso la coerenza formale, bensì diretta all’efficacia artistica.

Renato Santini che di Viani è stato allievo prediletto, mi diceva che a Viani piaceva molto parlare di se, voleva essere sempre al centro dei dibattiti in qualsiasi circostanza, ma però quello che più conta è che non ha mai fatto: “Senti che della pittura piacevole per vendere. La sua è sempre stata una pittura di solidarietà umana. Santini una volta mi raccontò che un giorno mentre si trovava col maestro ad ascoltare un discorso di Mussolini alla radio, vide con quanta esaltazione Viani sostenesse le idee del duce; era talmente un suo ammiratore che ripeteva spesso e forza, che potenza che ha quest’uomo”. Tale era la sua esaltazione che in quell’occasione gli prese un forte attacco d’asma da chiamare un medico.

Santini mi raccontava di essere stato arrestato perché trovato a scrivere “abbasso il duce” su i muri di piazza Piave ma grazie all’interessamento di Viani fu sempre scarcerato perché Viani era ascoltato dall’autorità fasciste e tenuto in grande considerazione e proprio per tale motivo perdette molte delle simpatie dei suoi compagni o degli amanti della sua pittura perché lo consideravano un volta gabbana. Questa sicuramente era la causa per cui più volte si espresse malissimo e con parolacce contro la propria città e i suoi cittadini.  Ma Viani non era impegnato politicamente, era soprattutto un grande pittore ricco di passione e nonostante la sua sbandierata adesione al fascismo era sempre rimasto con i vecchi anarchici e fermo ai suoi mondi di “vageri”, gente di onore e di rispetto ma che in realtà erano soltanto rifiutati dalla società e dalla vita, tristi e indifesi.  Santini sempre parlandomi di Viani mi diceva che secondo lui Viani nell’universo dei disperati non ci si riconosceva, Lorenzo ha coltivato il suo mondo di pazzi, di poveri perché li capiva. Ci sentiva la verità esasperata di una Viareggio che non c’é più, una città legata al suo mare. Pensa mi diceva Santini che Viani sul mare non c’é mai stato, non sapeva nemmeno nuotare, io non l’ho mai visto fare il bagno in mare. Odiava la Viareggio vacanziera quella tanto cara a Moses Levi, l’estate degli ombrelloni dei bagnanti. Una mattina alla visione dei bagnanti sdraiati al sole Lorenzo mi disse: guarda sembrano già tutti morti. La sua arte non cambiò mai, ed  ecco la sua grandezza;  quella di un’arte sempre di denuncia.

Per questi motivi Viani fu più volte attaccato dai giornali fascisti i quali sostenevano che le famiglie italiane non erano formate da poveri straccioni come lui li descriveva e li dipingeva. Era fascista si ma in superficie; era invece un’artista di grande carica umana per quanto concerne il risultato stilistico raggiunto.

Viani si avvicinò anche al movimento Futurista ma non ne fu partecipe e questo perché la cultura, la sua considerazione intellettuale, la politica lo ponevano in contrasto con i futuristi considerati dall’artista troppo razionalisti e antiproletari.

Viani veniva dal popolo e con grande amore dipinse la sua gente, la plebe, gli scartati, gli ubriachi, i lavoratori e i morti di fame.

Nelle sue opere Viani ci parla sempre di difficoltà e di miseria, solitudine, l’amicizia con i poveri e i più umili, l’ambiente sociale dove il nostro artista si sente a suo agio è presso i perdenti nella vita, i nomadi, gli zingari, i cavatori, i senza lavoro. Ha voluto dare dignità formale elevando una certa solennità senza enfasi a queste figure tutto sommato anonime di una classe sociale popolare. Nelle opere di Viani anche il grigio dell’area le cose, i paesaggi, il dramma del mondo è dramma di forme, contrasti di colore, tensione. Gli uomini parlano di miserie, le sue figure sono con le spalle ossute perché asciutte dal lavoro e dalla fame ma in esse c’é anche la speranza. Scrive Viani: io disegnavo quelle scabre estreme figure di lavoratori da cui trassi origine e che tanto amai e amo con devozione di figlio. Viani qui ci insegna che volgere lo sguardo verso l’interno in se stessi, è l’unico modo di vedere qualcosa di vero, di autentico in arte. Ha coscienza della lotta per una vita più giusta e dignitosa, è un artista così dentro alla passione e al dramma della vita da calarsi inevitabilmente in essa grazie alle figure e ai ritratti colti nei momenti più intensi, cattura l’atmosfera e inserisce la figura che diventa presenza umana viva. Dipinge i ritratti con una violenza decisa e grazie all’uso di colori che rappresentano bene lo stato d’animo dei personaggi.  Della forma, del colore del disegno per rivoluzionare la realtà per giungere alla verità. Il pittore rifiuta il concetto di una pittura piacevole che appaghi gli occhi ma la sua visione la sposta all’interno dell’animo umano e qui trova sempre toni scuri, cupi perché c’è l’angoscia esistenziale e quindi il pittore il pittore non ha paura a ricorrere a delle immagine anche sgradevoli, brutte ma cotanta forza diventano opere d’arte. Con Viani il brutto è arte però attraverso la chiarezza e lucidità intellettuale cerca di fare emergere la poesia che è dentro di se, quella forza dirompente che avverte dentro di se quella tensione alla ribellione contro la cultura accademica dell’ottocento. Viani vuole essere dentro la poetica più viva dell’espressione artistica, ecco perché per me è senza dubbio il più grande pittore espressionista italiano.  Credo di non sbagliarmi ad accostarlo a Dostoevskij perché come lo scrittore russo si pone dalla parte di diseredati, delle vittime in clima drammatico e cerca di capire il significato dell’esistenza, si pone il problema e quindi crea una pittura profonda, una ricerca psicologica dei suoi personaggi. Con il disegno cattura la miseria ma anche la speranza che questi uomini portano scolpiti nelle rughe del volto.  Ha un segno ridotto ma pungente che incide la forma pittorica fino a renderla fortemente espressionista. Il segno e il colore di Viani corrispondono tra loro perché c’è un rapporto straordinario tra pittura e poesia tanto da fondersi bene insieme. Ha saputo descrivere con pennelli e parole il cuore, l’anima, il sangue, le ossa di questa gente; è sempre stato dalla parte dei deboli con una poesia straziante, la sua arte è un atto di accusa contro le ingiustizie sociali. Viani sa che aiutare gli uomini a vivere è aiutarli a lottare perché lavorare significa lottare. Viani è loro vicino perché continuamente osserva la loro vita, i loro gesti di lotta e di gentilezza. Queste sono le sue pennellate vive e le sue frasi precise. I suoi vagabondi o viandanti o segnati da Dio, sono gli stessi che attirarono l’attenzione di Giuseppe Ungaretti il cui sguardo ne fu sempre sconvolto.

L’artista viareggino colla sua meravigliosa e invincibile fede nel lavoro, con il pennello e col carbone ha dato dignità umana e diritto di vita alle sue figure di lavoratori.

Di fronte alla sofferenza si può reagire, pregare, come scriveva Viani, per questo ha dipinto, disegnato instancabilmente, dandoci la speranza che la gioia è sempre possibile anche quando è forzata sotto la smorfia del dolore.

Le opere di Viani sono di una bellezza interiore e profondamente umane, opere forti, di un realismo pieno di vita e di verità. Opere di una forza dirompente e gestuale, di atmosfere espressioniste. Nella sua arte il protagonista è l’uomo e la donna, non come figure in posa o come arte sociale, come farà Guttuso, lui evita sempre la cronaca, l’uomo è rappresentato con il suo dramma, le sue passioni, la sua bellezza; è presente con il suo lavoro e con il suo destino. Ecco che nelle figure raggiunge una tensione creativa, con una libertà espressiva straordinaria. Ed é proprio attraverso libertà e trasgressione tecniche rispetto al linguaggio del periodo che si può comprendere la poetica di Viani, ecco che l’artista lavora molto velocemente in maniera istintiva perché solo così si poteva arrivare prima alla sintesi della purezza.  Poveri pescatori rugosi  dal sole e dal tempo con occhi grumosi, bruciati dalla salsedine, donne in veste nera in lutto per i fratelli, figli, mariti morti in  mare. Le figura di Viani diventano spesso delle maschere grottesche o figure inquietanti. Qualcosa di simile c’é anche nella pittura di Munch perché entrambi operano nel rifiuto di rappresentare la falsità e l’ipocrisia della felicità dell’epoca, ma ciò che li divide è la radice dell’ispirazione, più raffinata e intellettuale nel pittore norvegese più rude più plebea nel pittore viareggino ma tutti e due grandi espressionisti. Il colore nero è predominante nell’arte di Viani per opporsi ai colori brillanti dell’arte borghese e ne indagò tutte le possibilità espressive. È sicuramente un rivoluzionario nella pittura italiana del novecento, per quel suo lottare contro lo scaduto accademismo ottocentesco per una pittura che rivendica all’arte l’atto puro dello spirito libero da qualsiasi contingenza esteriore all’atto creativo. Viani stesso dice: ”Metto in evidenza quello che mi interessa e interessando me di conseguenza conquista l’osservatore”.  Voleva trasmettere una verità più profonda della condizione umana e per trasmettere questa emozione cominciò esagerare nelle deformazioni per ottenere l’effetto desiderato. Da qui mani lunghe, piedi enormi, petti squassati, enormi occhi dilaniati. Ma in questa interpretazione drammatica Viani ha sempre cercato una soluzione pittorica, i grandi artisti hanno espresso la bellezza e la tragicità della vita e sicuramente Viani è uno di questi. E’ un artista posseduto dall’amore per la tradizione, ma nello stesso tempo cerca l’attenzione costante per il nuovo, il diverso ed è rimasto sempre così nella sua vicenda creativa. È un artista che fisicamente soffre molto: è malato di asma e attacchi sempre più frequenti lo costringono dal 1928 circa a ricoveri in case di cura a Bagni di Lucca e in altri ricoveri come Nozzano dove starà per alcuni mesi. Qui tra un attacco e l’altro della “belva” come chiamava la sua malattia, disegna, scrive, dipinge. Il male lo costringe ad una vita agitata ed inquieta ma non solo quello. Anche la passione, l’amore per la vita e l’arte. Una malattia questa da cui non guarirà mai e non potrà mai farne a meno.

Nelle cliniche dove è ricoverato, dipinge i malati con una violenza decisa e realizza disegni che rappresentano bene il dolore in cui i pazienti sono costretti a convivere,  le loro, miserie anche i pochi momenti di gioia, vedendo la realtà della vita quotidiana, dei malati, dei diversi, degli squilibrati.

Nel quadro intitolato “la clinica” si sente il dolore lacerante dei pazienti attraverso il suo segno graffiante e i colori di una forza espressiva potente. Con un disegno tormentoso rappresenta la relazione morale e sensibile tra l’umanità sofferente e l’ambiente.

Questo quadro mi fa pensare all’opera di Van Gogh “Il caffè di notte” dipinto nel 1888; per Van Gogh il caffè non  è più il luogo piacevole dipinto tante volte dagli impressionisti, ma è un posto dove ci si ubriacava, è l’immagine della condizione degli emarginati. Van Gogh colla sua pennellata intrisa di colore e dramma esprimeva le terribili condizioni di questa gente. Sia Van Gogh che Viani con i segni, colori, scritti hanno dato il senso della drammaticità del momento e della crudeltà della vita.

Il nostro Viani è sempre da vedere perché ricco di sorprese ed è da considerasi uno dei protagonisti assoluti dell’arte del novecento.

La grande arte rinasce sempre davanti ai nostri occhi, come una sensazione che è un dono, una grazie senza limiti, una bellezza straordinaria.

Scriveva Crimer: “Lorenzo Viani è un’artista che va additato ai giovani, ad esempio. Esempio di forza, di volontà, di tenacia, di fede e di nobiltà”.

Marco Dolfi

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1 COMMENT

  1. Senza entrare nel merito artistico di Viani ma sul piano dell’uomo senza ombra di dubbio Dolfi ha avuto un’indulgenza che non fa riscontro nella realtà. Viani fu fascista convinto della prim’ora, un opportunista per moltissimi aspetti e un arrivista (tesi confermata dai suoi magheggi con l’associazione combattenti per avere il progetto del monumento ai caduti oppure le insistenze per ricevere – in pieno fascismo – il premio Viareggio e si potrebbe proseguire). La sua scarsa umanità la si riscontra quando alcuni amici di Luigi Salvatori – di rientro dal carcere e dal confino già ammalato gli venne impedito di esercitare la sua professione di avvocato – andarono a Roma per chiedere a Viani (già pittore di regime grazie alla copertura della potentissima amante di mussolini Sarfatti e non solo) di intercedere con Mussolini o qualche gerarca potente suoi amici, per colui che lo aveva sempre aiutato finanziariamente e moralmente quando era un povero pezzente. La risposta di Viani fu lapidaria: “Che ci posso fare se l’è cercata”. Infine e chiudo appaiono controversi anche i rapporti di Viani con la polizia politica fascista, la terribile OVRA, attraverso la figura del suo mentore Cristoforo Mercati (Krimer). Quindi nel 2022 sarebbe ora che a Viareggio si parlasse di Viani nel giusto modo smettendola di edulcorare la sua posizione politica e umana: era un fascista convinto e tale rimarrà fino alla morte nel 1936 condividendo con la dittatura ogni efferatezza, violenza e sopruso.

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