Si avvicina l’adozione del nuovo Piano integrato del Parco delle Alpi Apuane. Infatti, dopo un iter lungo due anni fatto di studi, riunioni, incontri, assemblee, il consiglio direttivo dell’ente ha licenziato il documento che, per la prima volta, pianifica il futuro dell’area protetta e delle sue aree estrattive, e martedì prossimo approverà la proposta da inviare alla Regione Toscana per l’approvazione. <E’ un atto storico – afferma il presidente del Parco Alberto Putamorsi e responsabile unico del procedimento – . Il progetto di Piano integrato approvato è il primo documento di questo tipo che vede la luce da quando, nel 1997, è nato il Parco delle Alpi Apuane. Per la precisione il primo e fino ad oggi unico Piano venne approvato nel 2018. Oggi però il Piano affronta anche la parte socio-economica e l’annosa questione delle aree estrattive: per questo è un’occasione storica. E siamo i primi in Toscana ad avere un nuovo piano integrato>.
Otto cave chiuse, riduzione area destinata all’estrazione di circa il 58%, nessun arretramento dell’area parco che anzi, rispetto al Piano vigente, avanza di oltre 10 chilometri quadrati, maggiore attenzione con nuove opportunità per le frazioni e le attività che si trovano dentro l’area protetta: sono queste i traguardi principali di un Piano che ha dovuto prendere in considerazione i molteplici aspetti che caratterizzano un territorio complesso e variegato come quello delle Apuane, dove l’area protetta, suo malgrado, da millenni, è costretta a convivere con le attività estrattive. <Premettendo che quanto si scava è stabilito dalla Regione e al Parco rimane solo la scelta di definire dove – sottolinea Putamorsi – . Siamo partiti da alcune irrinunciabili priorità. La prima è stata quella di definire uno studio capillare e puntuale delle interconnessioni esistenti tra l’escavazione e la falda acquifera sotto le Alpi Apuane. L’intendimento è stata la massima tutela della falda sotto le Apuane, che rappresenta la riserva più ampia di acqua dolce dell’Italia centrale. La seconda priorità era la riduzione della superficie delle aree estrattive di almeno il 30%, siamo arrivati quasi al doppio. Ma nel Piano le chiusure sono state ragionate e non burocratiche in un difficile equilibrio tra ambiente e lavoro. Su alcune questioni, emblematico il caso della Focolaccia, non abbiamo ceduto e non permetteremo l’escavazione né sul versante massese né su quello della Garfagnana>.
Oltre alla riduzione dell’area destinata all’estrazione, il Piano ha previsto la chiusura di 8 cave che si trovano nell’area contigua del Parco. Putamorsi ci tiene però a precisare che si è disposta la chiusura solo delle attività impattanti senza nessuna azione punitiva nei confronti del marmo e di chi ci lavora. Queste le otto cave che andranno a chiusura (le autorizzazioni in essere rimarranno tali fino al termine previsto poi non verranno rinnovate). A Vagli sono cava Borrella e il bacino di Colubraia (dove si trovano due cave: Colubraia e Colubraia Formignacola). La chiusura delle cava Colubraia comporta la completa chiusura dell’intero bacino che si trova sul versante del monte Tambura dove si sviluppa la via Vandelli, non consentendo più l’escavazione su quel versante. A Massa e Minucciano: la Focolaccia zona Minucciano e cancellazione aree estrattive zona Massa (qui verrà chiusa anche la cava Valsora). A Casola: la cava Col Pelato e la cava Poggio di Sante. A Seravezza: la cava Buca. <A fronte di queste chiusure – spiega Putamorsi – nell’ottica di un’attività di escavazione minore e di maggiore qualità la proposta del Piano ha tenuto conto di siti rilevanti sotto il profilo giacimentologico, ma non impattanti sotto il profilo ambientale. In questo senso il Piano individua, a Vagli, una piccola nuova area estrattiva in corrispondenza della vecchia cava Piazza d’Armi, ma a prelievo contingentato e in galleria. Mentre a Fivizzano, si prevede l’attivazione di cava Peghni, anche in questo caso a prelievo contingentato e in galleria. A fronte di chiusura di siti di cava oggi autorizzati con quantitativi illimitati e a cielo aperto, si prevedono con il Piano, quindi, quantitativi ridotti, di qualità sotto l’aspetto giacimentologico e completamente in galleria>.
Il nuovo Piano integrato è stato redatto da un team qualificato di professionisti (architetti, geologi, zoologi, botanici, agronomi, esperti in ecologia, chimici, esperti agronomi, esperto pian. Territoriale paesaggistica, esperti forestali) scelto con un bando pubblico, che ha collaborato con gli uffici tecnici del Parco. E’ stato impiegato un anno e mezzo per raccogliere dati, informazioni e documenti studiando e indagando palmo a palmo tutto il territorio del parco. Sono stati chiesti dati e informazioni ai comuni per definire un quadro completo che si è composto anche grazie al contributo degli incontri partecipativi. Alla fine di questo iter, il 22 luglio 2021, il gruppo di lavoro ha consegnato al Parco la proposta. <Avremmo potuto approvarla e inviarla direttamente alla Comunità di Parco per il parere e poi alla Regione, come prevede la legge – afferma Putamorsi -. Tuttavia, considerata la complessità del tema, abbiamo voluto mettere in campo un coinvolgimento ulteriore attraverso riunioni con i sindaci di tutti i comuni interessati. E’ stata una mia scelta perché la condivisione fosse massima. Del resto sono i sindaci della Comunità di Parco che sono i massimi rappresentanti dei loro territori>.
L’iter è stato lungo e pieno di passaggi. E’ stato avviato nel luglio 2019, quando, con la delibera n.15 del 18 luglio il Consiglio direttivo del Parco delle Apuane ha approvato i documenti necessari per l’avvio del procedimento del Piano integrato per il Parco (Informativa preliminare, Relazione di avvio del procedimento; Documento preliminare di V.A.S.). Il 3 febbraio 2020 si è svolta la prima riunione del percorso partecipativo del Piano integrato per il Parco alla presenza del Garante regionale per l’Informazione e l’ente Parco Francesca De Sanctis, garante regionale per dell’informazione e della partecipazione nel governo del territorio. Il percorso di partecipazione e ascolto è stato lungo e ha previsto sei incontri partecipativi con associazioni di categoria, professionisti, associazioni ambientaliste, cittadini e tutti gli stakeholders. <Siamo stati aperti al dialogo e al confronto anche con tutte le associazioni che hanno chiesto un incontro per approfondire, chiarire, scambiare dati e informazioni – rileva Putamorsi – : tutto ciò anche se si tratta di un atto di pianificazione, come un Piano urbanistico, che non deve essere né concertato né ufficializzato>.
Lunedì 7 marzo si riunirà la Comunità di Parco che, dopo il Comitato Scientifico, esprimerà un parere obbligatorio ma non vincolante. Per il giorno successivo è convocato il consiglio direttivo dell’Ente che dovrà approvare la proposta definitivamente. A quel punto, il Rup (responsabile unico del procedimento) invierà la proposta alla Regione che dovrà adottare il Piano. L’iter è lo stesso di un piano urbanistico: dopo l’adozione il Piano verrà pubblicato, si aprirà la fase delle osservazioni che saranno contro dedotte e, alla fine, è prevista la definitiva approvazione da parte del consiglio regionale.