Riceviamo e pubblichiamo il discorso del presidente dell’Associazione Martiri di Sant’Anna, Umberto Mancini, alle celebrazioni per l’80° anniversario della strage.
A tutti Voi, il saluto ed il grazie dell’Associazione Martiri di Sant’Anna, per essere saliti sin quassù a ricordare, insieme a noi, le Vittime dell’Eccidio del 12/8/44; un saluto ed un grazie ai rappresentanti delle istituzioni, civili, militari, delle associazioni e degli enti. Un saluto ed un abbraccio ai superstiti ed ai familiari delle Vittime, a quelli che sono qui ed a quelli che, purtroppo, non sono più in grado di essere, fisicamente, qui ma che, ne sono certo, stamani, sono con noi con il cuore e con la mente.
Un pensiero, voglio rivolgerlo anche ai tanti superstiti, familiari delle vittime, da tempo scomparsi, ma che per anni, dopo l’Eccidio, si sono impegnati per la conservazione della Memoria delle Vittime, per far vivere questo paese e che, nel 1971, hanno fondato l’Associazione Martiri di Sant’Anna.
E’ grazie a loro, ai valori e alle idee che ci hanno trasmesso che, anche quelli di noi che non hanno vissuto quella tragica giornata, hanno compreso l’importanza di custodirne il Ricordo e di tramandarne la Memoria, ed è sempre grazie ai loro insegnamenti che anche noi abbiamo imparato a voler bene a questo sfortunato paese.
Un piccolo paese, Sant’Anna, con tanti borghi, sparsi qua e là alle pendici del monte Gabberi e del monte Lieto; piccoli borghi, formati da grappoli di case circondati da pianelle di terra strappate, con fatica, al monte ed al bosco e dove uniche fonti di sostentamento erano la coltivazione di patate, grano e granturco, la raccolta delle castagne, il carbone,
l’allevamento di qualche pecora e altri animali domestici nonché il duro lavoro nelle miniere.
Una vita semplice, dura e faticosa ma che i circa quattrocento abitanti, da tempo, ormai, avevano imparato ad accettare di buon grado. Nella tarda primavera/inizio estate del ‘44, la popolazione del paese più che raddoppia per l’arrivo degli sfollati; gli sfollati sono persone, soprattutto famiglie che, mentre i tedeschi si ritirano incalzati dagli alleati e dai partigiani, fuggono dalla piana versiliese e non solo; così facendo pensano di sfuggire all’avanzare del fronte rifugiandosi in posto isolato e lontano, raggiungibile solo a piedi, dopo ore di cammino, un posto dove, si pensa, non accadrà nulla. Un posto come Sant’Anna!
Come i paesani accolsero gli sfollati lo ricorda Alfredo Graziani, prima sfollato e poi superstite, le sue parole “i santannini accolsero con ospitalità gli sfollati; divisero con loro le case o le stalle, non negarono aiuto a nessuno. Il paese era un’oasi di pace e la gente incontrandosi si sorrideva cordialmente, in special modo la domenica, quando il parroco di la Culla saliva a dir messa, giacché Sant’Anna, era così povera da non potersi permettere il lusso di avere un parroco tutto per sé”.
L’oasi di pace, però, cessa di esistere un caldo sabato di agosto: il 12 agosto 1944! E’ l’alba, ottanta anni fa, quando, tre colonne (trecento uomini) del II Battaglione del 35° Reggimento della 16° Divisione SS Panzer Grenadier Reichs Fuhrer SS “Heinrich Himmler” (sono le Waffen SS, il settore armato delle SS) accompagnate da rinnegati italiani, scendono dai tre valichi che si aprono tra i monti, mentre una quarta blocca la valle, e circondano il paese.
Alle prime avvisaglie del loro arrivo, la gran parte degli uomini, fuggono nei boschi o nelle selve pensando ad una operazione di rastrellamento di manodopera da utilizzare per i lavori sulla vicina linea gotica; nessuno di loro immagina, che possa essere fatto del male alle
donne, ai vecchi e bambini che, pertanto, rimangono a casa! E invece, e invece, accade l’impensabile! I nazisti, circondato il paese, man mano che arrivano nei borghi, raggruppano tutti quelli che trovano, li ammassano alla rinfusa, dove capita e poi …e poi… cominciano il massacro.
Massacrano ed uccidono nelle stalle della Vaccareccia; massacrano ed uccidono nelle cucine ai Franchi ed alle Case; massacrano e uccidono in fosso, al Colle; massacrano ed uccidono davanti alla Chiesa e dietro il campanile; massacrano ed uccidono ai Coletti; massacrano ed uccidono scendendo a valle ed ai Mulini; e, scesi, uccidono a Valdicastello e a Capezzano; e prima ancora di arrivare quassù, avevano ucciso il parroco e la sua famiglia alle Mulina di Stazzema.
E’ una strage! Una nuova strage degli innocenti! Cinquecentosessanta vittime civili, tra cui centotrenta bambini, uccise nello spazio di qualche ora! Cinquecentosessanta persone! uno dei più gravi crimini di guerra del secondo conflitto mondiale!
Ma, al dì la del numero Vittime, ciò che lascia sconvolti, sono gli episodi di violenza e di ferocia gratuita a cui si abbandona la soldataglia nazifascista. Prima ancora del vilipendio dei corpi delle Vittime (cui viene dato fuoco, in qualche caso anche con persone ferite ma vive) c’è la violenza contro i singoli, contro le donne, ne uccidono oltre 258, di cui otto sono
conosciute essere in gravidanza; c’è la violenza contro i bambini, bambini ancora in fasce, bambini di pochi mesi, di pochi giorni; tutti uccisi senza alcuna pietà!
Sono numerosi gli episodi, raccontati dai superstiti, che testimoniano l’orrore e crudeltà con cui hanno agito gli assassini; tra i tanti, oggi, voglio ricordare quello della più piccola delle vittime: Anna Pardini. Anna è nata da venti giorni, il 23 luglio; quella mattina, a Coletti, è
stretta tra le braccia della madre Bruna, che messa al muro con tutta la famiglia prova, invano a supplicare pietà, ma non serve! Non c’è pietà per nessuno!
E cosa accade dopo la sparatoria, lo racconta la sorella di Anna, la diciottenne Cesira, che fortunatamente si salverà e salverà altre due sorelle ed un bambino, le sue parole: “ …ho sentito un lamento, ho detto, è la bimba, è viva….alla mia mamma le veniva fuori il latte ed il sangue..… la strappai dalle braccia di mia madre morta. La piccoletta era ancora viva, ma aveva le manine troncate. Il suo faccino quando, la raccolsi, era intriso di latte e sangue”.
Anna, non morirà il 12 agosto, sopravviverà, tra atroci sofferenze, fino al 4 settembre e nelle fasce, che avvolgevano il suo piccolo corpo, troveranno ben sette proiettili!
Ora, la domanda che tutti dobbiamo farci è: come sia possibile che un essere umano, uno come noi, un uomo, per quanto soldato e sia pure durante una azione, diciamo così di guerra, sia capace di sparare con una mitragliatrice e guardandole negli occhi, ad una bambina di pochi giorni e ad una madre che supplica pietà?
Quando gli assassini se ne vanno, accompagnati dal suono di un organino, nella tarda mattinata, l’oasi di pace non esiste più; il paese è diventato un cimitero di guerra: le case sono quasi tutte in fiamme così come i corpi delle vittime!
Sulla piazza della Chiesa, come il giorno prima, ci sono ancora dei bambini, ma non gridano più, non corrono più e non fanno più i girotondi; ora sono piccoli corpi, immobili e silenziosi, che il fuoco sta consumando in un immenso rogo.
Altri bambini, fortunatamente, si sono salvati e per ore, resteranno nascosti, in campi di fagioli o sopra la volta di un forno, dietro la porta di una stalla o sotto delle grotte. Loro si, si sono salvati, ma avranno, per sempre, la vita segnata da ciò che hanno visto! E quello che hanno visto, è quanto di peggio possa capitare di vedere ad un bambino: l’uccidere i propri genitori, i nonni, le sorelle o fratelli… la loro infanzia finisce la mattina del 12 Agosto 1944; e per molti di loro, specialmente per quelli rimasti senza famiglia, il futuro sarà pieno di tanti e tanti altri giorni, segnati dal dolore, dal ricordo di quanto vissuto, dalla solitudine e dall’abbandono.
Ad essere abbandonato, per la verità, è l’intero paese di Sant’Anna! “Dopo la strage, all’enormità del massacro non fece seguito nessun serio tentativo, da parte delle istituzioni, di perseguire i responsabili e neanche di ricostruire quanto era successo. Il paese non esisteva praticamente più, distrutta la sua già povera economia di sussistenza scompaginate definitivamente le famiglie. Quella che era stata una delle più gravi stragi commesse in Italia dalle truppe tedesche veniva praticamente ignorata. Era l’agosto del 1946, ben due anni dopo l’Eccidio quando, un vice commissario, fu incaricato, dal prefetto di Lucca, di ricostruire i fatti e le circostanze”. Queste parole, non sono mie, ma dello storico Paolo Pezzino, che in un libro su Sant’Anna ha descritto, molto bene, quanto accadde quassù negli anni dopo l’Eccidio.
E l’abbandono non finisce nel 1946, con la visita di un vice commissario, ma prosegue negli anni successivi e non riguarda solo la ricerca dei responsabili di quello che gli americani, già nel settembre ‘44, avevano classificato come un “Crimine di Guerra” e la cui documentazione, pur inviata al Governo Italiano, rimarrà, per anni chiusa in un armadio della Procura Militare di Roma (l’Armadio della Vergogna).
L’abbandono riguarda l’intero paese ed i suoi abitanti; ed è il ricordo stesso dell’Eccidio che rischia di scomparire dalla Memoria nazionale. È necessaria tutta la determinazione e l’impegno dei superstiti e familiari delle Vittime che, quasi sempre da soli (con qualche eccezione, ad es. l’aiuto che il paese ha avuto da Giorgio Giannelli, giornalista parlamentare) si battono per tenere vivo il paese e la Memoria dell’Eccidio.
E’ grazie a questo impegno che, col tempo, le cose iniziano a cambiare: ma molto, molto, lentamente: bisogna attendere più di vent’anni (1965) per avere una strada; bisogna aspettarne trenta, per un primo, per così dire, riconoscimento ufficiale, da parte della Repubblica, con la concessione della medaglia d’oro (1971) consegnata dal presidente del Consiglio Emilio Colombo, e c’è ne vogliono quasi quaranta per la prima visita di un
presidente della Repubblica: quel presidente, il primo che viene a rendere omaggio a Martiri di Sant’Anna, è Sandro Pertini!
Seppur con notevole ritardo, le istituzioni repubblicane comunque prendono coscienza del fatto che, ciò che è accaduto qui, il 12/8/44 è uno degli eventi fondanti della Repubblica Italiana. La strada che porta alla nascita della nuova Italia libera, democratica ed antifascista, passa anche quassù, e la conservazione della Memoria delle Vittime, che riposano in questo Ossario, è un dovere, un dovere sacro, della Repubblica e delle sue istituzioni, di quelle locali come di quelle nazionali.
Quanto sia importante “Fare Memoria” ce lo ricorda, spesso, il Presidente Mattarella e non è necessario ripeterlo, quello che forse è utile ricordare è che, fare memoria, significa, anzitutto, custodire, con cura, i luoghi simbolo dei fatti, di cui si fa memoria e Sant’Anna ed il suo sacrario sono uno di questi luoghi!
Abbiamo, ovviamente, molto apprezzato, nel duemila, la decisione del Parlamento di istituire quassù il Parco Nazionale della Pace, così come, recentemente, abbiamo egualmente apprezzato il conferimento, a Sant’Anna, del Marchio del Patrimonio Europeo; e tuttavia, crediamo sia venuto il momento passare dalle enunciazioni e dalle dichiarazioni di
principio, ai fatti concreti.
E i fatti concreti sono la necessità del restauro del Monumento Ossario, che deve essere considerato, a tutti gli effetti, un monumento nazionale, i lavori di sistemazione del Museo Storico, il completamento del Centro Accoglienza e l’Ostello di Casa Pieri. Più in generale, si deve dare concretezza al progetto del Parco Nazionale della Pace dotandolo delle strutture e dei servizi adeguati ad accogliere, degnamente, i visitatori che, sempre più numerosi, scelgono di venire sin quassù!
Ed in tema di visitatori voglio ringraziare le oltre 25.000 persone e, tra loro, i tantissimi giovani, italiani e stranieri e le numerose scolaresche che, malgrado difficoltà logistiche, anche nel 2023 hanno scelto di venire quassù, talvolta anche fermandosi per alcuni giorni. E’ importante che, soprattutto i giovani, siano incoraggiati a visitare posti come Sant’Anna, perché questo, consente loro di vedere da vicino e di capire che cosa accade quando prevalgono quelle che, il compianto presidente della nostra Associazione, Enrico Pieri, chiamava le “Cattive Ideologie”. Quando, anziché percorre la via della Pace, i popoli e le nazioni, scelgono la via della Guerra!
E vorrei concludere, ricordando in proposito, le parole di una grande donna, una scienziata, che ha dedicato la vita allo studio delle stelle e dell’universo, l’astrofisica Margherita Hack che così ammoniva: “Cerchiamo di vivere in pace, qualunque sia la nostra origine, la nostra fede, il colore della nostra pelle, la nostra lingua e le nostre tradizioni. Impariamo a tollerare ed ad apprezzare le differenze. Rigettiamo con forza ogni forma di violenza e di sopraffazione la peggiore delle quali è la Guerra!“.