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“Memoria del futuro”, la scultura del famoso artista mozambicano Gonçalo Mabunda al Museo di Sant’Anna

Domenica 21 gennaio alle ore 11 verrà presentato al Museo Storico della Resistenza  di Sant’Anna di Stazzema, l’opera del famoso artista mozambicano Gonçalo Mabunda.

In una congiuntura storica che vede il diffondersi di allarmanti conflitti ed eventi bellici, l’istituzione Parco Nazionale della Pace di Sant’Anna di Stazzema promuove un evento espositivo finalizzato a sensibilizzare la comunità sulla costruzione condivisa di una cultura di pace.

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Il Museo Storico di Sant’Anna di Stazzema esporràl’opera dell’artista mozambichiano Gonçalo Mabunda (Maputo, 1975), The Time Hunter’s Throne (2021), una scultura realizzata dall’artista utilizzando i residuati bellici della sanguinosa guerra civile che ha afflitto per 16 anni il suo paese, producendo oltre un milione di vittime e altrettanti sfollati, seminando lutto e disperazione in ogni famiglia del paese, compresa quella dell’artista stesso. La scultura rappresenta un simbolo e un monito contro la guerra in ogni sua forma e un incoraggiamento a perseguire senza sosta un percorso comune verso la pace.

“Trasformare le armi in sculture artistiche – commenta Maurizio Verona, Presidente dell’Istituzione Parco nazionale della pace  – è un messaggio forte verso una pace che tarda ad arrivare. L’esperienza della Seconda Guerra Mondiale, e gli episodi come quello di Sant’Anna, si sperava potessero aver costruito un nuovo modo di risolvere le controversie internazionali ed invece, ancora dopo 80 anni assistiamo ad oltre trenta conflitti, alcuni silenziosi , altri sotto i riflettori dei media, in cui le popolazioni civili sono le prime vittime. Occorre avere memoria di tutti questi conflitti per costruire una nuova cultura del dialogo e della libera  e pacifica convivenza tra i popoli”.

L’iniziativa, voluta dall’istituzione di Sant’Anna di Stazzema, è sostenuta dal Comune di Stazzema, prodotta in collaborazione con Lis10 Gallery di Arezzo e The Project Space di Pietrasanta e curata da Alessandro Romanini.

Nell’opera, proiettili, razzi da mortaio, caricatori, componenti di mitragliatori e altri strumenti di offesa vanno a comporre un trono, che, rispettando i canoni della millenaria tradizione artistica e identitaria subsahariana, testimonia allo stesso tempo gli effetti nefasti della guerra e del suo legame inscindibile con il potere e la solida fiducia nel potere salvifico dell’arte come linguaggio universale in grado di coinvolgere tutti i popoli verso un obiettivo comune.

Gonçalo Mabunda, nato nel 1975  – anno in cui veniva sancita l’indipendenza del suo paese dal Portogallo – a Maputo, la capitale del Mozambico, ha trascorso parte della sua infanzia e gli anni della sua crescita sotto la costante minaccia della guerra, decidendo di dedicare la sua vita e il suo lavoro alla costruzione di una possibilità di pace per l’umanità.

Le opere dell’artista che sono state esposte in importanti spazi espositivi a livello internazionale, dal Centre George Pompidou di Parigi alla Hayward Gallery di Londra, passando per il Museum of Art e Design di New York e il Mori Museum di Tokyo e nel 2017 al Parlamento Europeo nell’ambito di una campagna contro la guerra , sono diventate a livello internazionale simbolo e monito di una volontà di superare le barriere di razza, religione e cultura che spesso sono pericolosi inneschi per la violenza.

Mabunda ha voluto così commentare l’esposizione dell’opera collegandola alla storia di Sant’Anna di Stazzema: “Questo luogo che porta in sé un fardello di tragica memoria e così ricco di speranza per le nuove generazioni ci ricorda come sia fondamentale che ognuno di noi fornisca il suo piccolo contributo per creare una cultura della pace, per sconfiggere in maniera collettiva lo spettro della guerra, che non può più far parte dell’esperienza umana e trasformare le cicatrici in speranza attraverso l’arte e la poesia. Ringrazio per l’invito e la possibilità di continuare questo progetto apparentemente utopico, che risulta ancora più determinante oggi, con nuovi conflitti alle nostre porte e con importanti ricorrenze che riportano alla mente di ognuno di noi gli effetti devastanti della cultura dell’odio e la determinante forza della volontà dell’uomo di convivere pacificamente”. 

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