Vi ricordate il grande film degli anni ’60 “La ragazza con la valigia”? Il sindaco di Viareggio pare assomigliare alla protagonista Aida: s’innamora di Piero, poi di Marcello e del fratello di lui Lorenzo, e il racconto si svolge tra Parma e la Riviera. Alla fine Aida, però, rimane sola: esce dalla stazione e comincia a camminare senza una meta precisa. Aida assomiglia a Giorgio Del Ghingaro che tra Viareggio e Lucca deve decidere il suo futuro di politico e di uomo delle istituzioni. Si presume che aspirerebbe ad altre mete ma tra i sogni, il pensiero astratto e la realtà c’è purtroppo un mare che è più che un oceano.
Si è presentato a Viareggio e se si presenterà a Lucca farà lo stesso, con la stessa narrazione di corredo: a Viareggio (Lucca) la politica ha fatto default, io risolvo le cose, risano le finanze e faccio vedere che non mi ferma nessuno. Intanto è sfumata una grande occasione: la nomination a Città Capitale della Cultura 2024. A Viareggio è stata purtroppo preferita Pesaro. Una occasione perduta perché l’idea era giusta e l’esistenza di un contesto favorevole c’era: Puccini e il centenario dalla morte che cadrà proprio nel 2024; un sistema di beni culturali e di credenziali storiche molto forti della Versilia.
Con Lucca si è buttato tutto nella rissa per ragioni non certo attinenti a Puccini e al suo lascito. Con la Versilia non si è neppure cominciato a discutere per definire un possibile e innovativo progetto culturale; la città di Viareggio sembra essere ancora all’oscuro del progetto presentato. Non è stato attivato un percorso di partecipazione, né si sono individuati gli obiettivi principali. In una operazione di così ampio respiro era fondamentale la conoscenza della storia, della cultura, dell’arte, delle tradizioni del passato e delle valenze culturali cosmopolite di Viareggio, evitando il rischio non solo di cadere in quella boria tipicamente provinciale che suppone di sapere senza studiare e di primeggiare escludendo, ma anche di piegare la politica a interessi ed esigenze di primato soggettivo. In tutto questo, l’impressione è stata quella del colpo mancino: pensare a grandiose e miracolose realizzazioni, ad una città fatta di mattone e costruzioni e di infrastrutture isolate dai contesti di comunità o peggio di possibili sfregi agli ambienti naturali più pregiati e tipici. E si potrebbe continuare…
Diversa sarebbe stata e sarebbe la strada da percorrere: un progetto che avesse in Puccini il suo asset principale; i sistemi dei beni culturali versiliesi; le relazioni tra le produzioni, le attività artigianali e l’arte; la valorizzazione delle bellezze naturali; il rinnovamento dei sistemi novecenteschi ormai fuori o quasi dai circuiti culturali, mediatici e lontanissimi dagli stili di vita, dai modelli e dai comportamenti della società connessa; la partecipazione degli ingegni e delle professionalità, compreso quelle artistiche, presenti a Viareggio, in Versilia e nella vicina Lucca. Sarebbero servite però un’altra visione e una dimensione istituzionale diverse per portare a termine questo compito: e non c’è un Miracolo che possa farci stupire e ricredere. Poi c’è il problema eminentemente politico. Da un lato un metodo di direzione autoritario e, dall’altro, una aggregazione che impropriamente è stata coniata come civismo ma che di civico non sembra avere molto. Il timore è che da questo impasto, a lievito Del Ghingaro, non possano scaturire progetti adeguati per ri-traguardare il futuro di una città e di un territorio che, per oltre quaranta anni, è vissuto di rendita e di sfruttamento delle rendite di posizione fino all’ultima goccia spremibile.
E ora che direzione prenderà? Auspichiamo che eviti di dare la colpa ai suoi detrattori, ai suoi critici, e di dire che comunque un risultato lo abbiamo ottenuto: essere riammessi tra coloro che contano, essere una realtà che si presenta in una nuova dimensione, simile alla Milano per l’Expo come ha affermato improvvidamente Amadori, ovvero il direttore delle ricerche qualitative dell’Istituto Piepoli. Ancora oltre si è spinto Del Ghingaro nel commentare la nomination: “… questa esperienza ha dimostrato che la città ha i numeri per essere al centro della vita culturale del Paese perché siamo la leggerezza del carnevale e l’intensità di Puccini e, ancora, che il prossimo biennio porterà Viareggio sotto i riflettori del mondo…”, Covid, guerre e crisi permettendo… naturalmente! E’ caduto dal cavallo ma ci dice che è solo sceso. Continuerà quindi la sua narrazione di piazze, asfalti, iniziative culturali fantasmagoriche, strade del mare, autostrade ciclabili e quindi le Bellezze in bicicletta, gli stadi, le piscine con addirittura una in più. Se una piccola percentuale di quello che promette sarà realizzata, come è possibile che lo sia, non c’è forse il rischio che i danni per la città possano essere incommensurabili e purtroppo duraturi?
Giorgio gioca la sua partita di poker: prima con il Parco, poi con la Regione per l’Autorità Portuale, poi con il sistema museale, poi con Puccini, poi con la Città Capitale della Cultura, poi con il Pd con la lettera di licenziamento per giusta causa alla vicesindaca Federica Maineri. La nomination è andata male ma ci si prepara, come in tutte le partite di poker al rilancio. Al termine di questo periodo di corde tirate e rotte, quando lui se ne andrà per altri lidi, Viareggio rischia di essere più debole e più isolata di prima, con una fortissima difficoltà a riallacciare i circuiti istituzionali corretti a partire da quelli versiliesi.
Non sempre il fare e lo spendere i soldi senza un’idea partecipata di futuro e di comunità producono cose buone. E’ il cosa si fa e il come si fa che diventano invece dirimenti per tracciare la rotta futura. Ecco perché sarebbe necessario costruire una diversa prospettiva e ricongiungere le città che sono trascurate, per affrontare con un progetto serio il prossimo biennio: quale teatro della città; il Festival di Puccini che diventa finalmente Festival con un progetto nazionale da concordare con Lucca e la Regione Toscana; la città che partecipa, l’ascolto, il confronto e la discussione. Non di certo il calato dall’alto di un progetto che non c’è. Ma qual è il progetto Del Ghingaro? Le pur comprensibili ambizioni personali rischiano di cozzare con quel senso delle istituzioni, con quel metodo di governo democratico che ancora oggi, superando il particulare per dirla col Guicciardini, dovrebbero essere di riferimento ed illuminare il lavoro degli eletti.