Dopo un anno di ripicche e di pretese politiche/istituzionali, talvolta anche vere e proprie forzature, il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani ha sciolto ogni remora ed ha proceduto, con un atto davvero straordinario e alquanto insolito nella vita legislativa toscana, alla nomina del nuovo segretario generale dell’Autorità Portuale, l’architetto Alessandro Rosselli, derogando dalle modalità previste dalla legge di riferimento.
La normativa, in questo caso di nomina del segretario dell’Autorità Portuale regionale, prevedeva la consultazione degli altri sindaci dei Comuni facenti parte dell’organismo (Porto Santo Stefano, Marina di Campo e Giglio) e l’intesa con l’amministrazione di Viareggio. Leggendo le motivazioni del decreto non sfugge a nessuno il punto limite a cui si era arrivati e che ha motivato, alla fin fine, questa decisione: proprio nell’eccezionalità della situazione d’impasse che si era creata dopo oltre un anno di incarichi provvisori e straordinari, stanno le motivazioni portanti del decreto del presidente della Regione Toscana.
Del Ghingaro aveva, nei fatti, tenuto bloccata la nomina con la richiesta – a maggior ed ulteriore chiarezza esposta sempre nelle premesse del decreto di nomina – di imporre il suo consigliere Fabrizio Miracolo. Il sindaco di Viareggio ha tirato così tanto la corda per sostenere una candidatura che, al di là di valutazioni professionali di merito sulle quali non voglio entrare, risultava chiaramente non gradita in Regione e non ha fornito proposte diverse come richiestogli in più di un’occasione.
Del Ghingaro non è nuovo ad atteggiamenti di pura provocazione e di sfida quasi dal sapore guasconesco, anticipati e prodotti in altre situazioni (Sistema Museale, Parco di Migliarino San Rossore, organismi di tipo territoriale versiliese). Il sindaco di Viareggio ha dato l’impressione di non tenere minimamente conto, né di valutare correttamente i guasti che la provvisorietà e lo stallo prolungato stavano creando ai porti ricompresi nell’Autorità. Ciò ha provocato un allontanamento dell’amministrazione dal pensiero e dalle esigenze delle categorie economiche che nel porto e nella Darsena vi lavorano, dalle esigenze di miglioramento della pianificazione portuale, necessaria ed indispensabile per garantire sviluppo e crescita equilibrata per la città.
Bastava leggere l’intervista rilasciata sulla stampa locale da Michela Fucile, presidente di Confartigianato Imprese di Lucca ad inizio aprile – “almeno una su due delle imprese che operano nel porto di Viareggio ha investimenti bloccati perché la variante al piano regolatore del porto galleggia da anni” – , quelle di alcuni operatori della nautica minore, o quella di ieri del presidente della Cna Provinciale Andrea Giannecchini, per rendersi conto che Viareggio è stata messa sulla graticola per motivi che non la sfiorano minimamente. Ed è la città purtroppo che perde di prestigio, che diventa oggettivamente lo zimbello della Toscana, che nei contesti istituzionali per molto tempo sarà guardata con sospetto e con sufficienza. Con il metodo seguito la città rischia di essere penalizzata pesantemente.
L’auspicio che era stato espresso da numerose associazioni, e contenuto nelle loro sollecitazioni, era quello che si chiudesse definitivamente una brutta pagina e si riprendesse a lavorare positivamente. Per mettere in campo, finalmente, quello spirito costruttivo, accompagnando e coadiuvando l’attività dell’Autorità Portuale e del nuovo segretario sulle questioni dello sviluppo, del migliore assetto e gestione del porto e delle sue attività principali. Questa indicazione e suggerimento è rimasto purtroppo inascoltato. Dopo il decreto del presidente della Regione sarebbe stata auspicabile, infatti, una riflessione seria e serena da parte del sindaco Del Ghingaro, al fine di recuperare un rapporto positivo con la città e aprire una fase rivolta al futuro, definendo una diversa agenda politica istituzionale. Ed invece, subito dopo la pubblicazione dell’atto, è stata presa una posizione di contrarietà alla nomina, ritenuta “un atto arrogante e contrario ai principi di leale collaborazione istituzionale”, e annunciato il “ricorso ai legali per ripristinare la legalità e il corretto rispetto delle normative al riguardo”, tutto naturalmente “per tutelare gli interessi della città”.
Su questo aspetto si palesa, ogni giorno in maniera sempre più precisa e chiara, l’equivoco su cui il sindaco di Viareggio ha costruito parte del suo racconto politico/amministrativo: “l’interesse della città”. Sul porto le esigenze reali di categorie e lavoratori sono attestate su ben altre lunghezze d’onda: non c’è bisogno di scontro e paralisi ma, a maggior ragione in una situazione globale come questa, di saggezza, di lavoro concreto, di scelte, di una vision adeguata e di una prospettiva. Lo scontro istituzionale non sempre finisce per essere in sintonia con gli interessi della città, della sua economia, delle attività produttive o di quelle culturali e sociali.
E a quale ricostruzione dei rapporti pensa Del Ghingaro con il Pd se il suo grimaldello cerca di scassare il corretto funzionamento istituzionale di giorno in giorno? E il Pd come pensa di chiarire i rapporti dopo lo schiaffo d’Anagni alla vicesindaca Maineri e dopo l’incattivirsi dei rapporti per l’opposizione ad una sua candidatura a Lucca, e poi subito a seguire con la Regione di cui il Pd è parte considerevole? Se il Pd pensa che si possa rimaner tra “color che son sospesi”, magari fino al dopo elezioni amministrative, per non turbar il clima, per spargere un po’ di oblio sul recente passato e su molte scelte subalterne al Del Ghingaro/pensiero, si sbaglia di grosso. Rischia di perdere ancora più terreno, rinunciando a svolgere quel ruolo di raccordo con le esigenze cittadine, di indicazione ed iniziativa propositiva: hic rose, hic salta!
La situazione che si è determinata e che rischia di avvilupparsi ulteriormente produce danni a ripetizione e impedisce di far pesare Viareggio correttamente e adeguatamente in tutti i contesti politici, istituzionali toscani, provinciali e versiliesi. Il rischio all’orizzonte è però che il sindaco, proprio nell’ultima fase amministrativa e di fronte alle strade dell’Avvenire che rischiano di chiudersi come binari morti, finisca per pronunciare la frase “Muoia Sansone con tutti i filistei”! La città accetterà di finire sepolta tra le macerie del tempio-sacro del nostro ‘George bonhomme’?.