Fintech o tecnofinanza è la fornitura di servizi finanziari attraverso la tecnologia, e rappresenta una strada da percorrere per le imprese, in particolare alla luce del trend di chiusura degli sportelli bancari in Italia: basti pensare che nel 2021 ne sono stati chiusi 1.831 e 4.902 comuni sono privi di sportelli. Il problema e gli scenari futuri sono analizzati sul prossimo numero di “Leasing Time Magazine”, il mensile di economia, finanza e cultura diretto da Gianfranco Antognoli. Nell’articolo – intitolato “Serve fintech ma con elevata reputazione e professionalità delle risorse umane impiegate. A settembre sarà importante per le PMI italiane poter disegnare le operazioni finanziarie semplici, veloci, intelligenti“, che riceviamo e pubblichiamo in anteprima – gli esperti di finanza Christian Dominici ed Eleonora Dominici analizzano la questione e indicano un decalogo di regole da seguire per un buon servizio.
Il trend bancario consolidato
Nel 2021 in tutta Italia sono stati chiusi 1.831 sportelli bancari, scendendo ad un numero complessivo pari a 21.650 rispetto ai 23.481 di fine 2020 e lasciando ben 4.902 Comuni senza sportelli.
Il trend è in aumento: i piani industriali per il prossimo triennio approvati dai maggiori gruppi bancari del nostro Paese dovrebbero portare il saldo totale delle chiusure programmate attorno a quota 17.000, fino ad arrivare nel 2024 a circa 7 mila sportelli in meno rispetto al 2019. Alla chiusura degli sportelli bancari contribuiscono più elementi: innanzitutto, la necessità di tagliare i costi, che però da sola non basta a descrivere la rivoluzione del sistema bancario. Da un lato, infatti, gli sportelli chiudono per le sovrapposizioni territoriali dovute a fusioni e acquisizioni, alle quali si ricorre per raggiungere e creare economie di scopo ed aumentare la competitività. Questa è una tendenza ben osservabile nelle ultime due decadi, ma che ha particolarmente caratterizzato il biennio 2021- 2022 con l’operazione Intesa Sanpaolo-UBI, l’accordo (sfumato) per UniCredit-Monte dei Paschi di Siena, l’offerta su Carige da parte di Bper e Creval diventata Crédit Agricole Italia. Dall’altro lato vi è la forza trainante e abilitante della digitalizzazione, che crea per le Banche la possibilità di fornire online i propri servizi: fra il 2004 e il 2020 la quota di utenti dell’e-banking in Italia è aumentata da meno dell’8% al 40%. Con la pandemia da Covid-19 la crescita ha ulteriormente accelerato i ritmi.
Quali sono le conseguenze per le PMI?
Mentre i gruppi bancari diventano colossi tramite le fusioni, il tessuto imprenditoriale italiano è ancora costituito al 95% dal comparto delle microimprese. La cessazione di uno sportello aumenta la probabilità di interruzione delle relazioni con questa tipologia di clientela. Di conseguenza la micro-piccola impresa subirà nel breve termine un calo della disponibilità di linee di credito.
Venuta meno la specularità fra i piccoli istituti locali e le aziende presenti sul territorio, le necessità di liquidità e di credito delle PMI rischiano, inoltre, di scontrarsi con le procedure e gli standard richiesti dai Gruppi Bancari.
La digitalizzazione e il fintech possono essere la soluzione?
Sì, ma a certe condizioni Le soluzioni fornite dalla tecnofinanza attraverso le nuove tecnologie sono sicuramente un’ottima risorsa. Risultano particolarmente efficaci per il settore assicurativo e per le piccole operazioni bancarie. Per operazioni più rilevanti e/o strategiche però, sono poche le imprese disposte ad affidarsi a processi automatizzati e a consulenti finanziari virtuali (c.d. roboadvisor), questo può dipendere sia da un’alfabetizzazione digitale inadeguata, sia dai costi legati alle nuove tecnologie, sia da una mancanza di autorevolezza dei nuovi software rispetto a professionisti la cui iscrizione agli Albi, OAM nel caso dei mediatori creditizi, ne certifica capacità e competenza. Inoltre, molte piattaforme fintech utilizzano l’automazione solamente per i servizi a minor valore aggiunto, come il back office, poiché le stesse software house ritengono che l’elemento umano sia essenziale nel processo decisionale e di vigilanza. Qui si colloca la nostra idea di finanza digitale: un fintech ad alto livello reputazionale e professionale, in grado di unire l’immediatezza e l’accessibilità delle risorse digitali alla competenza e alla flessibilità di professionisti della finanza, che ascoltano e conoscono gli imprenditori e danno supporto ai loro progetti. Le operazioni non le fanno le piattaforme digitali o Google, anche se possono in parte generarle; le operazioni, soprattutto quello di medio taglio, devono essere costruite e disegnate da professionisti e tagliate su misura per ogni cliente. Questa è la nostra idea di fintech con elevati contenuti reputazionali e professionali.