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venerdì, Marzo 29, 2024

Inflazione e costo del denaro: Alberto Bruschini analizza le cause e le conseguenze dei provvedimenti presi

Quali sono le cause dell’inflazione e quali sono le migliori strategie per combatterla? Un’analisi della situazione sarà pubblicata sul numero di marzo di “Leasing Time Magazine”, il mensile di economia, finanza e cultura diretto da Gianfranco Antognoli. Nell’articolo che riceviamo e pubblichiamo in anteprima – intitolato “Inflazione e costo del denaro” –  Alberto Bruschini di Value+ S.r.l. evidenzia come i provvedimenti presi finora colpiscano soprattutto non solo le piccole e medie imprese, ma anche i piccoli risparmiatori.

L’aumento del prezzo delle energie fossili a seguito della guerra in Ucraina, molto più contenuto rispetto al 2022, ha provocato un’inflazione a due cifre che non si vedeva da più di vent’anni. La stretta creditizia perseguita dalla BCE con il rialzo crescente dei tassi di interesse, unitamente al blocco del quantitive easing per portare, nel breve termine, il livello dell’inflazione al 2%, non sta producendo gli effetti sperati, nonostante la forte riduzione dei costi del gas e dell’energia.

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Siamo di fronte ad un’inflazione da costi che, come ebbi modo di scrivere, quale collaboratore dell’Espresso, nel numero del 15/01/2023 “viene da domandarsi se la BCE stia facendo una cosa giusta cercando di combatterla con una brutale stretta creditizia, che ci pare sbagliata perché corre il rischio di portarci dal circuito inflazione deflazione a quello della stagflazione”.

In Europa non si tratta di un’inflazione come quella degli Stati Uniti, derivata principalmente dal surriscaldamento dell’economia post Covid, per effetto dell’asimmetria tra la domanda e l’offerta di beni, colpita anche dai rialzi dei tassi di interesse della FED per ridurre la velocita di circolazione della moneta. La differenza è sostanziale. Negli Stati Uniti l’inflazione sta rallentando, nonostante la FED continui ad elevare i tassi di interesse. Attualmente si attesta intorno al 5%, in virtù del riequilibrio tra la domanda e l’offerta di beni e servizi.

In Europa, invece, trattandosi di inflazione da costi, il fenomeno assume un’altra dimensione. In Italia, l’inflazione su base annua è data al 10%, rispetto all’11,6% del mese di dicembre 2022; in Germania al 9,2%. Un fenomeno che si manifesta in entrambi i paesi con la medesima intensità, nonostante vi sia una notevole differenza di fondo, basti pensare all’incidenza del debito pubblico sul PIL, intorno al 145% per noi e abbondantemente sotto il 100% per loro. Ciò che non convince in Europa, e quindi in Italia, è la brutale stretta creditizia della BCE. Un metodo che contribuisce a ingigantire il prezzo della spesa delle famiglie e i conti delle imprese, in particolare delle PMI. L’aumento del costo del denaro incide sul prezzo di tutti i prodotti e dei servizi. La situazione poi diventa molto più pesante per le famiglie che hanno contratto mutui casa a tasso variabile per il maggior costo degli interessi, intorno al 3-4%, che aumenta, e non di poco, l’importo delle rate. Famiglie che non hanno visto un euro in più nelle loro entrate (stipendi e pensioni).

Alberto Bruschini

Uguali difficoltà, se non maggiori, si riversano sulle piccole e medie imprese e in specie su tutte le imprese energivore, che dopo il Covid devono assorbire l’incremento abnorme dei costi delle materie prime e dei prodotti energetici a seguito delle sanzioni alla federazione russa e l’aumento degli interessi passivi per lo smobilizzo dei crediti e per il pagamento delle rate dei mutui e dei canoni di leasing a tasso variabile.

Meraviglia che, in tale contesto, le banche quotate in borsa abbiano dichiarato complessivamente 22 mld di euro di utili netti di esercizio, quattro volte quelli conseguiti nel 2021, avvalendosi di una crescita, nell’ultimo trimestre dell’anno, del margine di interesse del 30%.

Una maxi-profittabilità che, in ultima analisi, hanno concorso a conseguirla le risorse finanziarie depositate presso i conti correnti perché non risulta che nessuna banca d’iniziativa si sia mossa per aumentare la loro remunerazione, diversamente da quanto fatto per il costo dei mutui e delle operazioni attive.

Resta singolare che i controlli, sia della BCE che della Banca d’Italia, rivolti necessariamente a salvaguardare la solidità patrimoniale e l’equilibrio finanziario degli intermediari finanziari, non approfondiscano sui motivi reali dell’esplosione della loro profittabilità. Purtroppo, come sempre accade in queste situazioni, ci rimette sempre chi ha poco, i piccoli risparmiatori.

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