Le vie dei pellegrini
Nel Medioevo la Toscana era attraversata da una fitta rete di strade utilizzate da commercianti e pellegrini. La principale era la Via Francigena o Romea che univa il nord Europa (Isole Britanniche, Germania, Francia, Paesi Bassi e Baltici) e il Mediterraneo, e il cui percorso seguiva il precedente reticolo viario romano, sia pure caduto in degrado dopo la caduta dell’Impero. In età longobarda un nodo viario fondamentale divenne Lucca, dove confluivano le vie romane Cassia, Clodia e Aemilia Scauri (o Aurelia Nuova). E fu proprio grazie ai Longobardi che la Francigena assunse una fisionomia precisa col nome di Via Mons Longobardorum dal passo della Cisa, conosciuto come Monte Bardone. Con la conquista dei Franchi, la strada assunse il nome attuale per indicare la provenienza dalla Francia. Sempre intorno al X secolo, si consolidò l’utilizzo della strada per i pellegrinaggi, con due grandi mete: Santiago di Compostela e Roma.
Le direttrici seguite dai pellegrini crearono una sorta di grande Y, con in basso Roma e alle due estremità l’Europa del Nord e Santiago. La Via Francigena, quindi, raccoglieva i flussi provenienti da Oltralpe ed era collegata alla Via Jacopea. Il punto di unione era Luni, dove i fedeli jacopei si imbarcavano per recarsi in Linguadoca e da qui proseguivano per la Galizia. Il percorso della Francigena non era unico, ma si articolava su tante strade diverse che confluivano in alcuni punti nodali, anche se l’itinerario riconosciuto come ufficiale è quello seguito e descritto dall’arcivescovo di Canterbury Sigerico nel X secolo.
Insomma, esistevano tante Francigene unite in alcuni punti nodali, uno dei quali era Lucca a causa del culto del crocifisso raffigurante il Volto Santo. I pellegrini, quindi, passavano dalla Versilia, da Pietrasanta, Camaiore e dalla valle della Freddana per raggiungere Lucca che divenne uno dei centri più importanti della strada Romea, dove sostarono papi, vescovi, imperatori e re. La posizione sugli itinerari di pellegrinaggio altomedievali arricchì la Versilia anche culturalmente. Lo dimostra la tipologia di alcune chiese come la Collegiata di Camaiore, con la costruzione del portale geminato (doppio), una pratica comune ai principali edifici religiosi lungo la Francigena.
Tutto questo avviene fino al XIII secolo. Fino alla metà del Duecento, infatti, i pellegrini annotano nei loro diari le località del tratto versiliese; poi, anche se la Toscana rimane bene inserita nelle reti di pellegrinaggio, questa zona inizia a perdere importanza. Sono cambiate le direttrici dei pellegrini: per raggiungere Roma si opta per percorsi alternativi, mentre i seguaci jacopei continuano ad attraversare la Versilia utilizzando la Francigena.
La nascita della “Piccola Santiago”
Cosa era successo? Tra le ipotesi vi è quella che il mutamento sia dovuto all’affermazione di Pistoia come centro spirituale jacopeo. Infatti, nel 1140, su iniziativa del “monaco e Vescovo” Atto fu donata dall’Arcivescovo Diego Gelmirez di Santiago di Compostela un’importante reliquia di San Giacomo il Maggiore, oggi conservata nella Cattedrale di San Zeno. Grazie a questa donazione, Pistoia da una parte viene inserita tra le tappe delle più importanti rotte europee di pellegrinaggio, e dall’altra diventa immediatamente un polo economico e artistico internazionale.
Da Pistoia passano infatti cinque cammini spirituali. Innanzitutto il Cammino di San Jacopo, che collega la “Piccola Santiago” (Pistoia) alla vera Santiago di Compostela: lungo poco più di cento chilometri, con inizio a Firenze e termine a Lucca, percorre un tratto della Via Francigena, della Via della Costa in Italia, della Via Tolosana in Francia e del Cammino di Santiago in Spagna. Invece il Cammino di San Bartolomeo attraversa l’Appennino e termina a Pistoia nella piazza antistante la chiesa di San Bartolomeo in Pantano, uno degli edifici sacri più antichi della città. Vi sono poi la Via Francesca della Sambuca, una variante della Francigena che univa le città di Pistoia e Bologna seguendo un itinerario etrusco, e la Romea Strata Nonantolana Longobarda, percorsa dai pellegrini che arrivavano in Italia dal Passo del Tarvisio seguendo vie quali il Cammino di San Martino in Ungheria o il Cammino di San Giacomo in Slovenia, e che facevano tappa all’abbazia di Nonantola. Infine, la Via Romea Germanica Imperiale che unisce Trento ad Arezzo e che fa parte della rete dei pellegrinaggi dall’Europa Centrale.
Il Medioevo a Pistoia
Questo sviluppo e questo clima spirituale e creativo è al centro della mostra “Medioevo a Pistoia. Crocevia di artisti fra Romanico e Gotico”, che illustra per la prima volta lo straordinario panorama delle arti nella città dal XII fino agli inizi del XV secolo, rivelando il ruolo di primo piano assunto nel Medioevo dalla città nel campo delle arti figurative. Si tratta anche di una delle iniziative più importanti organizzate in occasione dell’Anno santo giacobeo che in Toscana diventa jacobeo, evento voluto dal vescovo di Pistoia Fausto Tardelli che ha chiesto alla Santa Sede di poter estendere il giubileo compostelano.
Organizzata da Pistoia Musei e curata da Angelo Tartuferi, Enrica Neri Lusanna e Ada Labriola, fino all’8 maggio la mostra si articola negli spazi dell’Antico Palazzo dei Vescovi e del Museo Civico di Pistoia, con un percorso di oltre sessanta opere tra dipinti, sculture, oreficerie e codici miniati. Composta da sei sezioni, “Medioevo a Pistoia” ha un andamento cronologico che inizia con l’arrivo della reliquia di San Jacopo in città, per passare al Duecento quando Pistoia conquista un ruolo da protagonista nel panorama delle arti figurative internazionali, e poi al Trecento con presenze illustri in città e l’avvio di una forte identità figurativa. Anche nella stagione del Tardogotico, nonostante la perdita di autonomia politica e la definitiva sottomissione a Firenze, la città mantiene nel panorama della pittura toscana i suoi caratteri distintivi.
Una mostra che si espande idealmente oltre i confini degli spazi museali che la ospitano verso una visione diffusa degli arredi delle chiese della città. Nel periodo medievale Pistoia si confronta con i maggiori centri della Toscana grazie all’importanza dei suoi monumenti, alla cospicua committenza dei loro arredi e a una vocazione culturale di respiro internazionale. Ne fu antesignano il vescovo Atto, che accogliendo la reliquia dell’apostolo inserisce Pistoia nella rete europea delle rotte di pellegrinaggio. La città gode all’epoca della presenza di committenti illuminati, che attraggono figure come gli scultori Guglielmo, Guido da Como, Nicola e Giovanni Pisano, che lasciano capolavori fondanti della storia dell’arte italiana. Accompagna le opere di questi scultori la più imponente tra le opere di oreficeria: l’Altare d’argento di San Jacopo, celebre anche per il furto commesso da quel Vanni Fucci relegato da Dante nell’Inferno, che rende Pistoia uno snodo centrale per la lavorazione dei metalli preziosi.
Anche la miniatura – grazie all’attività della bottega del Maestro di Sant’Alessio in Bigiano, e nel Quattrocento dall’eleganza delle illustrazioni del Maestro della Cappella Bracciolini nella Divina Commedia conservata nella Biblioteca Nazionale di Napoli – vive a Pistoia un periodo di grande vivacità. Alla fine del XII secolo sono in città anche due personalità di primo piano della pittura: il Maestro del Crocifisso n. 434 degli Uffizi, sulla cui attività dovette formarsi Coppo di Marcovaldo, e il Maestro di Santa Maria Primerana.
Nel Trecento Pistoia offre in campo pittorico un panorama variegato di personalità e tendenze culturali, con artisti del calibro di Lippo di Benivieni, Taddeo Gaddi e Niccolò di Tommaso, che collocano Pistoia in una posizione di primo piano, ribadita dalla Maestà e angeli di Pietro Lorenzetti proveniente dagli Uffizi. Le opere riunite in occasione di “Medioevo a Pistoia” si rivelano tanto più interessanti per la densa trama di relazioni che le legano ai capolavori conservati nelle chiese e nei musei pistoiesi.
La visita alla mostra e alla città
La mostra – che ha il suo nucleo nelle sale dell’Antico Palazzo dei Vescovi a cui si affianca una sezione presso il Museo Civico di Arte Antica – diviene così il fulcro di un dialogo a più voci che coinvolge tutti i monumenti medievali della città e del suo vasto territorio. Nell’occasione, Pistoia Musei propone ai visitatori della mostra un percorso alla scoperta della Pistoia medievale che attraverso le chiese di Sant’Andrea e di San Giovanni Fuorcivitas (ingresso gratuito con il biglietto della mostra), la cattedrale di San Zeno (in cui si potrà accedere all’Altare Argenteo di San Jacopo), e ancora le chiese San Bartolomeo in Pantano, San Paolo, San Domenico, San Francesco, la chiesa del Tau e il Battistero permette di riscoprire il tessuto figurativo di uno dei centri più importanti del Medioevo italiano, caratterizzato da scelte cultuali e culturali di respiro europeo. Insomma, un tuffo nel passato, alla scoperta non solo di una città d’arte poco conosciuta ma ricca di opere preziose, ma anche degli ambienti che accoglievano gli antichi pellegrini.
Pistoia Musei, per tutta la durata della mostra, estende l’orario di visita nella giornata del giovedì fino alle ore 22 e organizza visite guidate, attività per le scuole, incontri con i curatori, laboratori didattici per bambini e per adulti e accompagnando alla mostra un ciclo di conferenze con studiosi di livello internazionale, oltre a una serie di eventi e attività culturali. Per consentire una visita in totale autonomia e “su misura” dell’interessato, la mostra è stata dotata di una specifica applicazione (scaricabile su iOS e Android), che permette di seguire percorsi differenziati in base alle esigenze. Giorni e orari: mercoledì-domenica, ore 10-20; giovedì ore 10-22; chiuso lunedì e martedì. Biglietti: intero 10 euro; ridotto 7 euro. Biglietteria online www.pistoiamusei.it