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lunedì, Aprile 29, 2024

Autunno: è tempo di castagne sulle colline versiliesi e garfagnine

Ottobre, autunno, è tempo di castagne. E con le castagne arrivano e prosperano le sagre delle mondine. Le mondine, infatti, non sono da tavola imbandita, ma da mangiarsi al di fuori di qualsiasi regola scritta, anche perché il nero del  bruciato rimane nelle dita delle mani. Quindi non è chic. E pensare che una volta la castagna ha sfamato gli abitanti della montagna, e non solo, diventando addirittura il simbolo di una civiltà boscaiola e contadina, tanto più seria e consapevole perché semplice, seria e genuina.

Ne sanno qualcosa le popolazioni dell’Alta Versilia, della Garfagnana e delle Pizzorne, che per secoli si sono letteralmente sfamate, non tanto con le mondine, quanto con le ballotte, le tullore, la polenta, i necci (con o senza ricotta) e poi, come dolce, le frittelle e il castagnaccio e come caramelle le castagne secche. Senza dimenticare che questa “civiltà della castagna” imponeva la cultura della selva e quindi della sua pulizia per facilitarne la raccolta, nonché del suo mantenimento.          

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Tornando comunque alle origini, dopo avere più o meno dissertato sul valore della castagna, le sagre delle mondine che proliferano in molte zone delle nostre montagne e delle nostre colline, le hanno fatte tornare di moda perché costituiscono un’ottima scusa per un pasto fuori ordinanza, da consumarsi all’aperto e in un luogo comunque attrezzato per ogni evenienza.

E questo è il caso di Bargecchia, sulle colline dominanti Massarosa e di Azzano sulle colline che sovrastano Seravezza, per non parlare dei paesi e dei centri della Garfagnana, dove da anni viene organizzata una sagra della mondina – appunto – e che ogni volta fa convergere in queste località centinaia e centinaia di persone per degustare arrostito il frutto della selva, magari accompagnato da altre prelibatezze locali.

E dato che ci siamo, a Bargecchia si può anche salire sulla torre campanaria, nella cui cella campanaria suonano ancora quelle campane i cui rintocchi – si dice – ispirarono Giacomo Puccini per l’inizio del terzo atto della “Tosca”, un’opera che stava componendo nella sua villa di Chiatri.

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