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mercoledì, Aprile 24, 2024

Pandemia, bambini, adolescenza

La recente pandemia da Covid-19 ha cambiato velocemente la vita e le abitudini della popolazione globale.

Nella nostra realtà italiana a partire da febbraio 2020 si sono susseguite le famose “fasi” di lockdown che ci hanno visti in una progressiva condizione di allarme a causa di un virus che ci ha costretti in casa limitando notevolmente le nostre vite.

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Si è trattato di una situazione che ha impedito di “attingere a risorse psicologiche individuali, familiari e  sociali per fronteggiare le problematiche quotidiane” (Costanza Jesurum).

Vi è stata l’improrogabile necessità di confinare le persone nelle loro dimensioni abitative e familiari per impedire il dilagare dei contagi e questo ha messo alla prova le capacità di adattamento conla necessità della riorganizzazione della routine domestica e il confrontarsi con una realtà nuova con il contingente momento storico critico per la nostra.

Per molti soggetti questo con la perdita delle proprie routine,ritmi,mansioni e consuetudini ha significato spesso un aggravarsi delle situazioni psicologiche preesistenti, mentre per altri si è avuta una slatentizzazione di stati emotivi che hanno avuto modo di presentarsi così sotto forma di varie psicopatologie.

Tutto questo ha avuto un grande impatto psicologico e comportamentale sulle famiglie come sui suoi singoli membri quali i bambini e gli adolescenti.

Per quanto riguarda la popolazione pediatrica sembra che i bambini siano meno vulnerabili agli effetti sistemici del virus, nonostante i dati divulgati dall’American Academy of Pediatrics (AAP) suggeriscano un aumento di patologie sistemiche autoinfiammatorie (quali la sindrome di Kawasaki nei bambini più piccoli).

Tuttavia nella lettura psicologica di questo evento  i bambini respirano e hanno respirato come non mai l’aria di casa in questo periodo, con tutti i possibili aspetti positivi e negativi legati alla situazione familiare come la qualità di vita, l’equilibrio emotivo, lo  stato psico-sociale di partenza, per effetto diretto del confinamento stesso e per il riflesso delle condizioni familiari contingenti (assenza o perdita dei nonni, genitori disoccupati o senza lavoro, scarsa socializzazione, etc..).

Per quanto riguarda gli adolescenti oltre a questo possiamo dire che le regole sociali che è stato chiesto loro di seguire, sono del tutto in contrasto con le spinte naturali di questa fase del ciclo di vita in cui la persona è fortemente coinvolta nell’esplorazione nei confronti dell’esterno, nella ricerca di autonomia e di nuove esperienze, nella costruzione di relazioni significative al di fuori della propria famiglia di origine, nell’attribuzione di importanza a valori quali l’apertura al cambiamento, alla creazione di progetti per il futuro e non da ultimo nella costruzione di una rinnovata consapevolezza della propria identità corporea (Scabini e Lafrate, 2019). I più giovani dunque hanno risentito notevolmente del cambiamento delle proprie abitudini e routine, privati come sono stati, dei loro spazi educativi e scolastici, così come di quelli ricreativi e sportivi. Il disorientamento e la fatica che ciò ha prodotto nelle e nei ragazzi non è quindi da sottovalutare.

Dalle evidenze empiriche che si sono presentate vi è un quadro generale di malessere generalizzato.

Le routine e le misure restrittive hanno costretto anche ad una riduzione di attività fisica,  hanno portato da un lato a un maggior numero di ore di sonno, dall’altro a disturbi della qualità del sonno stesso anche nei più giovani (e.g., Francisco et al., 2020; Kapetanovic et al., 2020).

Oltre questo, studi condotti in Spagna Portogallo e Sveziafanno emergere nei giovani paure e frustrazioni sia legate alla malattia, ma anche alle conseguenze economiche/sociali per la propria famiglia che il COVID ha portato.

I servizi di Telefono Azzurro hanno continuato il loro lavoro tramite linea telefonica, telefono e chat  durante il periodo di lockdown, registrando un aumento di richieste di aiuto per diverse problematiche tra cui le paure/ansie generalizzate,spunti depressivi, atti autolesivi, ideazione suicidaria, fino ad arrivare a veri e propri tentativi di suicidio.

Vi è stata un incremento del 50% dell’utilizzo di strumenti tecnologici che si sono rivelati come l’unica risoluzione per i ragazzi. Basti pensare alla chiusura delle scuole e la conseguente implementazione della Didattica a Distanza: la Dad si è rivelata uno strumento essenziale ma allo stesso tempo ha poi determinato un grande incremento di dispersione scolastica e di rifiuti scolastici. Il 28% degli studenti dichiara infatti che almeno un loro compagno di classe dal lockdowndella scorsa primavera avrebbe smesso di frequentare le lezioni.


I bambini e le loro famiglie hanno dovuto appoggiarsi a soluzioni digitali non solo per supportare l’istruzione ma anche  la socializzazione e il gioco.

Se tali soluzioni forniscono ampie opportunità in termini di promozione dei diritti di bambini e adolescenti, al contempo esse possono aumentare l’esposizione di questi ultimi ai rischi online come il divenire vittime di cyberbullismo,di dipendenza,dell’imbattersi in contenuti non appropriati all’età, dell’esplorazione di dark sites/dark web o adescamenti di malintenzionati.

A questi si associano anche i rischi che da sempre sono relativi ad un uso prolungato dei dispositivi elettronici, quali ad esempio alterazione del ritmo sonno-veglia, disturbi cardiovascolari, sintomi di ansia e depressione (per una review si veda: Stiglic e Viner)

In ogni caso, nella costrizione di vivere in un mondo di incontri solo virtuali, ha fatto riscoprire a molti il valore della relazione “dal vivo” con i coetanei, anche se quasi un quarto degli adolescenti (23%), una percentuale non trascurabile, dichiara che, in questo anno di pandemia, ha capito che uscire non è poi così importante e che si possono mantenere le relazioni anche on line.

Questo ha avuto ripercussioni sia sul ruolo della scuola ridefinendo tra i suoi obiettivi ancora più fortemente che non sono solo didattici,ma anche di educazione sociale e alla socializzazione che sembra andata a perdersi con le relative competenze disapprese.

E dopo tutto questo arriva anche il conflitto Russia Ucraina. La guerra arriva in un momento già critico per il benessere dei soggetti fragili, delle famiglie e dei bambini che si stanno or ora rialzando da questa pandemia.

Secondo i dati di un ampio studio internazionale sull’impatto del Covid sulla salute mentale e fisica di bambini e adolescenti recentemente presentato al Congresso SINPIA, il benessere psichico dei minori è diminuito di più del 10% a livello globale, con il raddoppio dei bambini con bisogno di supporto specialistico, e con un aumento di rabbia, noia, difficoltà di concentrazione, senso di solitudine e di impotenza, stress, disturbi del sonno.

Immaginiamoci una ricaduta che effetti potrebbe avere oggi.

La SINPIA – Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, esprime profonda preoccupazione per gli effetti della guerra in Ucraina:

Durante l’infanzia e l’adolescenza viene segnalata una più alta incidenza di disturbi d’ansia e dell’umore, con evoluzione, nel 30-40% dei casi, in un disturbo post-traumatico da stress. Tale condizione psicopatologica determina un’importante compromissione della salute psichica anche in età adulta”, , spiega il professor Alessandro Zuddas, Vicepresidente Sinpia e Direttore della UO dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’Ospedale A Cao – Università di Cagliari.

Come già citato per le famiglie e il Covid, esemplificando il concetto di sistema,di rete,di influenze reciproche come possiamo pensare che in una casa un bambino non senta i racconti dei nonni della trascorsa guerra ,il telegiornale e che non percepisca lo stato di stress e preoccupazione dei suoi genitori?

Citando sempre la SINPIA concludo con un pensiero sul futuro,un immagine che credo scuota tutti noi:

“quanto sta già accadendo in tutti i Paesi europei, è l’aumento dell’arrivo di bambini profughi e/o orfani provenienti dalle zone coinvolte nel conflitto, “bambini traumatizzati cui è stato negato il futuro e che rischiano di essere ulteriormente traumatizzati da sistemi di accoglienza inadatti, bambini che incontreranno altri bambini, i nostri figli, che pure si interrogheranno sul perché di questa tragedia . Come saremo capaci di dare risposte? A tutti dovremo pensare e a tutti dovremo insegnare come vivere in pace”.

A noi adulti questo ARDUO compito.

Dott.ssa Carlotta KunzPsicologa Psicoterapeuta Centro per la Famiglia Viareggio

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