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domenica, Ottobre 13, 2024

Adamo Lucchesi, il “re” del tè sudamericano. Storia di un emigrante di successo e del suo lascito dimenticato

All’incrocio tra via Vittorio Veneto e via Giacomo Matteotti a Viareggio si trova un edificio in abbandono che in passato aveva svolto funzioni pubbliche e che oggi suscita proteste dei cittadini per le sue condizioni. Lo storico Andrea Genovali, promotore di Hop Frog tv, ha ricostruito le vicende che hanno portato alla costruzione di quella struttura, legata a un lascito alla città di un benefattore, Giovanni Adamo Leone Lucchesi.

“Lavorando alla realizzazione di un progetto internazionale sull’America latina – scrive Genovali – e sui 150 anni dell’emigrazione italiana in quel meraviglioso paese che si chiama Brasile e che si celebreranno nel 2024 – di cui veneti e lucchesi furono fra le popolazioni protagoniste più numerose – mi sono imbattuto fra documenti e racconti orali di vere e proprie memorie storiche viventi, nel ricordo di un personaggio di fine Ottocento, che risponde al nome di Giovanni Adamo Leone Lucchesi”.

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“Lucchesi – prosegue Genovali – , esploratore di terre latinoamericane, fu emigrante in Sudamerica (morto a Lucca nel 1940 quando era già rientrato in Italia e stabilita la sua dimora a Viareggio), e fece una fortuna invidiabile con la zerba-mate, una pianta bassa della foresta le cui foglie seccate e bollite davano il famoso tè del Paraguay, e volle poi restituire parte della sua fortuna alla natia e amata Lucchesia. E per Lucchesia egli ricomprese anche la Versilia e in particolar modo Viareggio”.

Genovali, dopo aver ripercorso l’appassionante vicenda complessiva di Lucchesi, si concentra sui suoi rapporti con Viareggio “perché egli lasciò un bellissimo terreno alla nostra città – attraverso una associazione di volontariato che poi venne venduto alla Usl – e che giunge fino ai nostri giorni. L’unica postilla da osservare in maniera precisa e puntuale e non negoziabile che rappresentava – e rappresenta – il lascito moralmente e legalmente più importante del Lucchesi, è rappresentato dal fatto che vi si dovesse dare vita a un luogo sociale per la cittadinanza. Una struttura che per Lucchesi era quella in cui i futuri emigranti locali avessero potuto imparare un mestiere, con l’idea di fornire loro un istruzione di base che permettesse di evitare i lavori più umili e faticosi, prima di prendere la via della fortuna (o della miseria e morte) in terre lontane”.

Quel terreno di Viareggio è in via Vittorio Veneto angolo via Giacomo Matteotti, “sul quale sorge un edificio pubblico adesso tristemente e squallidamente murato e lasciato alla decomposizione che il tempo opera implacabilmente spargendo così ombre di pesantissimo degrado su quella porzione di città. Ma quel vincolo ineludibile costringe a dare vita in quel luogo solo a un edificio con una funzione sociale collettiva che l’antico donatore (probabilmente profondo conoscitore dell’animo umano!) volle assicurare al suo lasciato. Una funzione oggi non più riconducibile a far imparare un mestiere agli emigranti come era nelle intenzioni del Lucchesi, ma pur sempre e comunque con una funzione sociale pubblica e collettiva per l’intera città”.

Genovali conclude il suo intervento interrogandosi sulle cause dell’attuale degrado di quell’edificio e lanciando un appello a “chi avrebbe il dovere morale e civico di realizzare la volontà dell’antico donatore”, affinché si possa “utilizzare quel terreno per i nobili fini sociali per cui venne donato alla città da Giovanni Adamo Leone Lucchesi”.

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