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martedì, Ottobre 15, 2024

27 anni fa l’alluvione dell’Alta Versilia e di Fornovolasco. Una bomba d’acqua che fece quindici vittime

A Seravezza, dove confluiscono il torrente Serra che scende dall’Altissimo, e il Vezza che scende dalla Pania Secca (da qui il nome della cittadina versiliese) nella mattinata del 19 giugno 1996 un gruppo di anatre che galleggiava nel secondo si trasferirono tutte nel primo, forse presagendo la catastrofe. Nessuno al momento ci fece caso, ma nel primo pomeriggio una “bomba d’acqua” sconvolse la valle che dal Monte Forato e dalla Pania Secca scende appunto fino a Seravezza.

L’abitato di Cardoso, fu il primo ad essere investito dalla massa d’acqua e detriti, tanto da essere spazzato via come un castello di carta, quindi più o meno la stessa sorte ebbe a subire Pontestazzemese, sede del Comune di Stazzema, anch’esso sconvolto dall’onda di piena che poi si placò raggiungendo la pianura intorno a Pietrasanta. Solo alla sera si contarono i morti – dodici – e si guardò a come era ridotta tutta la valle, ridotta come ci fosse passata una ruspa gigantesca. Questo l’impatto che ebbero i primi soccorritori delle organizzazioni di Protezione Civile della zona: Croce Verde dell’ANPAS e Misericordie, nonché dei Vigili del Fuoco.

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Nel risalire oggi il corso del Vezza da Seravezza fino a Cardoso attraversando Ruosina e Pontestazzemese, si percorre una valle normalissima dove ogni cosa è al proprio posto. Solo che tanto le strade quanto le abitazioni che sorgono ai loro lati non sono più quelle originali, ma caratterizzate da una più o meno recente costruzione. E pensare che 27 anni fa qui ebbe a verificarsi un autentico finimondo, con Cardoso, Pontestazzemese e la parte bassa di Ruosina praticamente rase al suolo dalla furie delle acque e da quanto queste trasportavano a valle a velocità impressionante.

Una “bomba d’acqua” – come si è detto – che improvvisa precipitò a valle sia dalla Pania Secca che dal Monte Forato. Un’autentica valanga di acqua, melma, arbusti e piante di alto fusto di cui è rimasta solo l’immagine negli occhi degli scampati, perché da lì a qualche mese – dopo avere scongiurato la ricostruzione in altro luogo per strenua volontà dei residenti – ebbe inizio l’opera di ricostruzione secondo quel “Modello Versilia” che al momento sembrò, se non un miracolo, quanto meno una macchina sconosciuta e innovativa. 475 millimetri d’acqua caduti in circa 12 ore sono infatti una jattura più unica che rara, anche in tempi di rivolgimenti atmosferici come quelli che stiamo vivendo.

Gli abitanti di Cardoso, Pontestazzemese e Ruosina, che nell’ordine vennero travolti dall’alluvione, sono infatti tornati a nuova vita, come del resto tutto il fondo Valle da Seravezza a Pietrasanta che, sia pure in modo minore, ebbero a subire moltissimi danni materiali, come allagamenti di cantine e piano terra. Questo ciò che si può vedere risalendo oggi la valle, ma ci sono cose che non si vedono e che sono le più importanti, come gli sbarramenti di selezione e di contenimento lungo i canali che dall’alto scendono a valle.

La Versilia ovviamente non ha mai dimenticato e non dimentica quanto è successo, ma soprattutto i dodici morti che a Cardoso vennero travolti dall’improvvisa ondata di piena e dal conseguente crollo delle abitazioni: i piccoli Giulia Macchiarini e Alessio Ricci, Renata Marcucci, Valentino Guidi, Valeria Guidi – madre di Alessio Ricci il cui corpo non è mai stato ritrovato – Manuele Luisi, Graziana Luisi, Margherita Vincenti, Alma e Norma Santarelli, Elvino Pieruccini ed Elena Bianchini. Tutti nomi che compaiono nella stele che in loro memoria è stata eretta nella parte superiore di Cardoso, proprio sotto quel Monte Forato. Un monte cui oggi si guarda con occhio diverso, in quanto lo si è tornato ad osservare per ogni solstizio d’estate, perché qui ed a Pontestazzemese il sole sorge due volte attraverso quel foro che denomina il monte. Ma fatto ancor più significativo è quello che, proprio a Cardoso dove prima esisteva lo stabile distrutto che ospitava l’archivio comunale di Stazzema, sorge ora un moderno “Palazzo della cultura” che ospita incontri, riunioni e mostre di vario genere.

Ma sia la Pania Secca che il Forato vomitarono acqua non solo sul versante versiliese, ma anche nella valle garfagnina della Turrite di Gallicano, interessando soprattutto il piccolo borgo di Fornovolasco che come Cardoso, ma sull’altro versante delle Alpi Apuane, si trova proprio alla base dei due monti sopracitati. E qui, fortunatamente, fu proprio la resistenza dell’ultra centenaria diga di Trombacco – oggi interessata da importanti lavori di revisione per aumentarne la resistenza – ad impedire che l’onda di piena raggiungesse il popoloso centro di Gallicano in Val di Serchio. Quindi con conseguenze sin troppo immaginabili.

La Turrite di Gallicano a Fornovolasco

Anche Fornovolasco ebbe comunque il suo morto nell’anziana Isolina Frati, travolta dalle acque nel tentativo di porre in salvo le proprie galline dal pollaio adiacente all’ abitazione. Per cui anche questo borgo rappresenta l’altra faccia della stessa tragedia, in quanto anche qui la pioggia del 19 giugno 1996 raggiunse i 175 millimetri l’ora, ma gonfiando comunque la Turrite di Gallicano in modo tale da distruggere la parte bassa dell’abitato. Un abitato la cui ricostruzione è proceduta di pari passo come quella di Cardoso. Fornovalasco, peraltro, fece registrare anche una triste appendice all’ alluvione, perché nell’agosto del 1997 durante un sopralluogo sui costoni soprastanti l’abitato, perse la vita il geologo Marco Fornaciari, qui inviato dalla Regione Toscana per verificare la stabilità dei costoni sovrastanti. A Fornovolasco la tragedia è ricordata nella chiesa parrocchiale con una serie di affreschi del pittore Paolo Maiani dal titolo “Acqua sporca” dove vengono raffigurate le fasi salienti dell’alluvione.

Anche Fornovolasco basso, come si è detto, è stato oggetto di una tempestiva ricostruzione, e pertanto come Cardoso e Pontestazzemese non è più quello di prima perché da tempo fra le case ricostruite, la Turrite di Gallicano scorre fra due solidi argini che ne incanalano le acquee fin dopo l’abitato. Persino la strada che qui conduce da Gallicano è stata ricostruita e ampliata in molti punti per rendere agevole il passaggio degli autotreni nel periodo della ricostruzione. Qui la tragedia non è nemmeno da paragonarsi a quella della Versilia, tanto è vero che Fornovolasco – sui media nazionali – non ebbe risalto, mentre per fare più effetto, venne addirittura citato il coinvolgimento di Forte dei Marmi quando questa località non venne nemmeno sfiorata dal tragico evento.

Mario Pellegrini

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