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mercoledì, Ottobre 9, 2024

La gelosia tra fratelli: un’emozione complessa

Uno dei problemi più frequenti che mi trovo ad affrontare durante gli incontri con i genitori è sicuramente quello della gelosia tra fratelli. Chiunque sia genitore di due o più figli si è trovato ad affrontare situazioni o comportamenti più o meno frequenti e spiacevoli dovuti alla rivalità tra fratelli

La gelosia è un’emozione complessa che, a differenza delle emozioni primarie come rabbia o paura, non viene sperimentata fin dai primi mesi di vita. Essa richiede infatti un certo grado di sviluppo cognitivo, emotivo e sociale, e in particolare di sviluppo del Sé. Per provare gelosia il bambino deve avere raggiunto un sufficiente grado di consapevolezza di sé, condizione indispensabile per poter temere che un altro fratello possa sottrargli le attenzioni dei genitori, in particolare della madre, e questo comincia ad avvenire intorno ai 18-24 mesi di vita.

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La famiglia è il luogo privilegiato per lo sviluppo della gelosia, dal momento che in essa i fratelli si trovano a dividere le stesse figure di attaccamento, vale a dire i genitori, ed in primo luogo la madre. Sono figure basilari per il loro sviluppo non solo psicologico ma anche fisico, aspetti che sono peraltro strettamente connessi tra loro. I bambini, per poter crescere, hanno necessità di costruire un legame affettivo con una persona stabile e responsiva: in concreto una persona che si occupi di loro amorevolmente, li accudisca, li soccorra in caso di bisogno, funga da base stabile e certa per l’esplorazione del mondo circostante, fisico e sociale. L’esperienza psicologica della gelosia rappresenta un segnale di allarme nei confronti del pericolo, non importa se reale o immaginario, di poter perdere tale figura di attaccamento, condizione che mette a rischio la stessa sopravvivenza fisica del bambino. 

Conoscere le dinamiche che si instaurano all’interno della famiglia con la nascita di un secondo o terzo figlio può aiutare ad affrontarle in maniera più consapevole e serena e far sì che l’arrivo di un secondogenito non diventi motivo di preoccupazione.

E’ importante sottolineare che il sentimento della gelosia è un sentimento normale che emerge nel bambino alla nascita di un nuovo fratello o sorella. 

Solitamente soffrono maggiormente di gelosia i primogeniti in quanto hanno vissuto per un periodo più o meno lungo l’esclusività del rapporto con i genitori. Il secondo o il terzo figlio hanno dovuto sempre dividere l’amore e le attenzioni dei genitori con gli altri fratelli, ma ciò non significa che non possano sperimentare gelosia nei loro confronti. 

Quando il bambino soffre di gelosia può manifestare questo sentimento in diversi modi. In parte dipendono dalle sue caratteristiche di personalità, dal temperamento, dall’età, dalle sue competenze. E’ importante che i genitori colgano questi segnali e li interpretino come espressione del sentire del proprio bambino, senza giudicarlo o punirlo per questo.

Il bambino può manifestare comportamenti regressivi: fare la pipì a letto, sporcarsi, chiedere il ciuccio, parlare con una voce infantile, chiedere maggiori attenzioni ai genitori, lamentarsi spesso, chiedere più coccole.

Può anche manifestare comportamenti aggressivi: fare dispetti, mettere il broncio, stuzzicare sia fisicamente che verbalmente, lanciare o rompere oggetti o giocattoli, picchiare, morsicare, criticare o rimproverare apertamente i genitori.

Che cosa si può fare e che cosa non si dovrebbe fare

Innanzi tutto è bene ricordare che i genitori giocano un ruolo fondamentale nell’aiutare i bambini, specialmente se molto piccoli, a comprendere le proprie emozioni ed a gestirle nella maniera più adeguata. 

Per ottenere questi risultati ed evitare di cadere in alcuni diffusi comportamenti che non fanno altro che peggiorare la capacità del bambino di avere fiducia in sé e di regolare autonomamente la propria emotività, i genitori possono seguire alcuni suggerimenti e riflettere anche su alcune “pratiche”, culturalmente e socialmente trasmesse, che di fatto non servono assolutamente a placare la gelosia dei bambini. Tra queste mi sento di citare una strana usanza che mi è stata raccontata da qualche genitore che prevede, in occasione della nascita del fratello o sorella, l’acquisto di un regalo per il primogenito. Le prime volte pensavo di aver capito male ma poi ho potuto verificare che spesso i genitori dicono al figlio: “Guarda, il fratellino è arrivato e ti ha comprato questa bicicletta”. Ecco, al di là del fatto che a me non è mai piaciuto dire sciocchezze ai bambini per non ingannare la loro intelligenza, mi chiedo come possa essere credibile un racconto di questo genere. Non solo non è credibile ma è anche inutile perché il dono più grande che possa ricevere un bambino in queste circostanze è proprio l’arrivo di un fratello. Associare questo evento ad un regalo materiale non ha nulla di educativo e distoglie l’attenzione del bambino più grande da ciò che è veramente importante.

I timori dei genitori sono spesso causati da strani sensi di colpa per aver scelto di mettere al mondo un altro bambino, come se il farlo privasse gli altri figli dell’amore necessario per crescere e diventare adulti equilibrati e responsabili. Forse se riflettessimo maggiormente su quanto un fratello possa insegnarci a condividere, a cooperare, a sostenersi, capiremmo quanto sia bello poterlo fare e quanto questo ci predisponga diversamente anche nei confronti degli altri.

Non ho mai creduto che coinvolgere un bambino piccolo nella gravidanza della madre fosse così importante. La necessità di condividere con il primogenito ecografie e controlli non avvicina maggiormente il fratello maggiore a colui o colei che sta per arrivare. Così come non serve chiedere in continuazione: “Sei contento che arriva il fratellino?”. Perché se in risposta a questa domanda riceviamo un NO è chiaro che rimarremmo delusi, preoccupati, e il senso di colpa acquisirebbe dimensioni enormi, cosa che non aiuterebbe nessuno dei personaggi coinvolti in questa nuova nascita. 

Partendo quindi dal presupposto che di fronte ad una domanda di questo genere è possibile ricevere una risposta affermativa come negativa, dobbiamo provare a metterci nei panni di nostro figlio e credere che se potesse davvero dirvi tutto quello che pensa probabilmente risponderebbe così: “Prima fammelo vedere, poi ti dico se sono contento”. Nei primi tre anni i bambini fanno fatica ad immaginare un fratello che è ancora nascosto nella pancia della mamma, se ne renderanno conto solo quando vedranno un essere simile a loro, più piccolo, che potranno toccare ed annusare. Proviamo quindi a non porre domande alle quali i bambini rispondono in maniera automatica, sapendo magicamente che cosa volete sentirvi dire, senza una percezione totalmente consapevole di quanto sta per accadere. Si tratta di domande che servono soltanto agli adulti (genitori, nonni, amici…) per placare le proprie ansie, per avere conferma che questa nascita non sconvolgerà nessuno.

A differenza di quanto siamo spesso portati a credere, la gelosia può anche non sorgere oppure essere lieve o passeggera. La convinzione che essa sia un fenomeno ineluttabile non fa altro che alimentarla, trasformandola in una profezia che si autoavvera. Si finisce così per cogliere ogni piccolo indizio, con il rischio di interpretazioni distorte, poiché si riconduce tutto il comportamento del figlio alla gelosia per la nascita del fratellino, quando esso può avere origini diverse, per esempio nel contesto del nido o della scuola dell’infanzia. Allo stesso tempo, però, non si permette al bambino di esprimere il suo disagio e la sua sofferenza, soprattutto a livello verbale, nell’implicita convinzione che tra fratelli debbano esistere solo sentimenti positivi di affetto e la gelosia non sia accettabile. 

Agisce in questi casi un atteggiamento frequente nei genitori di oggi, che vorrebbero preservare i bambini dalle emozioni negative, cui non sanno come far fronte quando queste inevitabilmente si presentano. È l’illusione di poter vivere in una famiglia da favola, immune da tensioni e momenti critici. Si arriva al caso estremo di genitori che rinunciano ad avere un secondo figlio, come sarebbe loro desiderio, per timore delle reazioni di gelosia del primogenito. Si dimentica che le emozioni negative non solo non possono essere evitate, ma svolgono un ruolo utile nello sviluppo del bambino; questo a condizione che siano adeguate alle capacità di superamento del bambino e siano ben affrontate con l’aiuto dell’adulto.

Un’altra convinzione diffusa è che la gelosia duri per sempre. Se un bambino era geloso del fratello o della sorella nei primi anni di vita, come primogenito o secondogenito, lo sarà per sempre. Non è così perché in realtà i vissuti infantili possono essere trasformati dallo sviluppo e dalle esperienze seguenti, sia in famiglia che fuori. Può quindi accadere che fratelli gelosi da piccoli trovino nella fanciullezza o in adolescenza modalità di relazione più serene. 

Mia sorella è nata quando io avevo sedici anni. Desideravo moltissimo una sorellina, l’ho adorata, eppure, nonostante la nostra differenza di età e il fatto che avrei potuto elaborare diversamente i miei sentimenti, ho avuto momenti in cui la gelosia prendeva il sopravvento, portandomi poi ad agire con lei più come una vice mamma che non come sorella. Oggi che entrambe siamo cresciute, e non poco, credo che sia il più bel dono che potessero farmi i miei genitori.

Quando un bambino manifesta la sua gelosia occorre quindi cercare di mettersi nei panni del bambino geloso, non mostrandosi sorpresi o impauriti dal suo sentimento. Capire i bisogni del figlio, e dunque anche le sue difficoltà, consente ai genitori di mostrarsi più sereni e disponibili nei suoi confronti, pur rimanendo determinati nel porre dei limiti e nel non assecondare le pretese del figlio. Accogliere e comprendere non significa infatti darla vinta, ma aiuta al contrario a rendere anche i rimproveri o le regole, con le loro conseguenti frustrazioni, meno dolorose e più comprensibili per il bambino geloso.

A volte, specie nei bambini più piccoli, la gelosia può portare a desiderare di avere le stesse caratteristiche del fratellino che ottiene l’affetto materno. Può così accadere che il più grande cerchi di comportarsi da neonato, cioè allo stesso modo di chi ottiene così tante attenzioni. Le regressioni che spesso accompagnano la nascita di un fratellino, come bagnare il letto o riprendere a usare il ciuccio, non rappresentano soltanto un meccanismo di difesa, attraverso il rifugio in una condizione precedente e confortante perché nota e quindi psicologicamente meno impegnativa. Esse possono anche rappresentare dei modi per comportarsi come il piccolo “intruso” e tentare di ottenere in questo modo le attenzioni dei genitori, in particolare della madre, così come le ottiene il neonato. È fondamentale che i genitori prestino attenzione a questi segnali e facciano in modo che il proprio comportamento sia equilibrato nei confronti dei fratelli eliminando, laddove possibile, qualsiasi causa di rivalità. I vissuti dei figli vanno accolti e non è possibile pretendere che i bambini superino indenni e da soli il sentimento di ostilità che spesso accompagna la gelosia. Non chiediamoci perché un bimbo picchia il fratello. Proviamo piuttosto ad eliminare i comportamenti adulti che possono aver generato questa gelosia, sicuramente fisiologica, ma spesso alimentata da comportamenti non corretti di chi fa parte della famiglia. 

Non posso permettere ad un bambino di picchiare il fratellino appena nato, gli farebbe del male, così come non è necessario metterglielo in braccio per farglielo “accettare”. Posso però dedicare al primogenito un quarto d’ora di gioco esclusivo con lui, posso andare a chiamarlo manifestandogli verbalmente il mio grande desiderio di condividere un’attività o di andare a prendere un gelato insieme. Solo così i bambini capiranno che nessuno ha preso il loro posto e che la loro unicità viene preservata e riconosciuta.

Dott.ssa Anna Maria Montanaro – Pedagogista

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