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venerdì, Maggio 3, 2024

C’era una volta il “Giotto d’oro”. Quando Camaiore era la capitale dei madonnari con un premio di vasta eco

Dopo una striscia ininterrotta di sei edizioni, nel 1985 – 37 anni fa – venne effettuata a Camaiore – sul piazzale antistante la Badia di San Pietro a Camaiore – la settima ed ultima edizione del premio “Giotto d’oro”, riservata ai pittori di strada definiti “madonnari”. Però, dopo una diatriba di alcuni anni, fu deciso di non organizzare più questa singolare manifestazione in quanto non apparteneva alla tradizione locale, mentre lo era quella dei “tappeti di pula” da realizzarsi nella notte antecedente la solennità del “Corpus Domini”, lungo il percorso della processione mattutina. Nel dibattito l’aggancio con la tradizione si era dimostrato per certi versi labile, perché più che ai tappeti ci si riferiva alle “infiorate” che si iniziarono a fare al tempo dei Borboni soggiornanti presso la villa “Le Pianore” a Capezzano, mentre la realizzazione dei tappeti di segatura vera e propria a Camaiore è documentata già negli anni ’30 del Novecento per poi consolidarsi a partire dai primi anni ’60.

Ne consegue che la “Medusa del Caravaggio”, realizzata nel 1985 dal tedesco Manfred Staner di Wiesbaden, è rimasto non solo l’ultimo “Giotto d’Oro” assegnato al vincitore dell’annuale simposio, ma anche e soprattutto il canto del cigno di una iniziativa, voluta e sostenuta dall’allora sindaco Fabio Pezzini, che fece convergere su Camaiore i fari della cronaca nazionale. Cosa che i “tappeti di pula”, purtroppo, non sempre sono riusciti ad ottenere, soprattutto perché riservati al volontariato dei rioni locali, mentre i cosiddetti “madonnari” giungevano da ogni parte d’Italia ed anche dall’estero.

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E’ così accaduto che, cancellata una manifestazione di vasta risonanza e di indubbio effetto spettacolare, è proseguita una seconda che continua a riscuotere sì un’enorme risonanza ma soprattutto locale, anche se i maestri tappetari camaioresi vengono spesso chiamati a realizzare le proprie opere artistiche all’estero. A 37 anni di distanza dall’ultimo “Giotto d’Oro” non vogliamo comunque stendere un mesto necrologio, ma rendere omaggio a quegli artisti di strada che con grande perizia ed altrettanta passione, si cimentavano in una gara che meritava di vedere tutti vincitori, perché riuscire a riprodurre sull’asfalto prima, e sopra pannelli poi, i capolavori dell’arte figurativa, non è certamente una facile impresa.

Flavio Sirio, uno dei vincitori dell’edizione 1982

Per questo vogliamo ricordare tutti i vincitori a far data dalla prima edizione:

  • 1979 – Gianfranco Veglio di Magliano Alfieri (Cuneo) con il gigantesco “Cristo del Bramantino”.
  • 1980 – Ugo Bonzio di Gardone Riviera per una vita trascorsa in ginocchio sulle strade.
  • 1981 – Don Fausto Barbieri di San Gervasio (Brescia) come prete degli zingari.
  • 1982 – ex aequo a: Azeglio Bertoni di Codisotto di Luzzara con “San Francesco che salva le anime” ed a Flavio Sirio con il “San Francesco” di Orazio Gentileschi.
  • 1983 – ex-aequo a: Francesco Resta di Pulsano (Taranto) per avere interpretato in chiave simbolica il messaggio cristiano ispirandosi a Giotto, e ad Alfredo Di Leva di Sarno (Salerno) con l’ “Ecce Homo di Guido Reni”.
  • 1984 – Kurt Wenner di Santa Barbara (California – USA) con “La Madonna del prato di Raffaello”.
  • 1985 – Manfred Staner di Wiesbaden (Germania) con la “Medusa del Caravaggio”.

Con questo non ce ne vogliano i “tappetari” di oggi perché il nostro è soltanto una rievocazione storica di un avvenimento che non può essere dimenticato.

Mario Pellegrini

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